sabato 28 gennaio 2012

Ti benedica il Signore

Questa sera salutando un gruppo di amici con cui  abbiamo condiviso pezzetti del nostro quotidiano mi è tornata alla mente un'antica benedizione:

                                                      “Ti benedica il Signore
                                                             e ti custodisca.
                                    Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
                                                           e ti faccia grazia.
                                              Il Signore rivolga a te il suo volto
                                                          e ti conceda pace”.

E' bella, intensamente poetica.

A ogni inizio di un nuovo anno ritorna nelle nostre liturgie. È la benedizione mosaica che Dio affida a Mosè per Aronne e il popolo israelitico.   Il Signore benedice e custodisce.

Spesso la tradizione ebraica ci ha messi di fronte a un Dio che dice male, che si adira, che è deluso dai suoi figli.  Come tra marito e moglie e come in ogni relazione pienamente vissuta ci sono momenti di disappunto, delusione, stanchezza e sfiducia.  Accade così anche al Dio creatore che dall’inizio dei tempi ha scommesso sull’uomo e ha scelto di dividere il proprio spazio con le creature dell’universo.

Questa benedizione però accompagna gli israeliti da sempre.

Dio benedice e custodisce.
Significa che Dio ‘dice bene’ dell’uomo.  È una parola che origina la vita: “Dio disse”.
Dio dice e le cose sono.
È una parola di desiderio e di passione che origina l’esistenza.
Per questo Dio, prima di tutto, benedice.
Eppure non basta, non è sufficiente; occorre anche custodire.

Proteggere, difendere, avere cura. Così vale per ogni vita che viene al mondo. Senza cura nulla facilmente ha seguito.
Dio, che è vita, per questo motivo, benedice e custodisce. Desidera e offre attenzione.
All’origine dell’esistenza, allora, c’è la cura di Dio.

Guardavo seduta su una poltrona Stefania dalla pancia grossa grossa e pensavo ecco "il Signore si prende cura dell’uomo come  una donna gravida;  Stefania porta in grembo la nuova vita senza poter decidere come sarà quel figlio che tra poco nascerà".
Forse il prendersi cura di Dio consiste nel vegliare come una madre in attesa di una nuova nascita. Farsi carico al punto di farsi da parte, far posto al punto di "lasciare" il posto all'uomo. Essere così presente nella storia umana al punto da non mostrarsi per paura d'essere troppo "presente" e "invasivo". 

Indugiavo con lo sguardo l'aria stanca e buona di Luigi  teneramente abbracciato a Cinzia  a fare memoria e narrare la fede regalata dalla "dracma" della loro vita quel loro figlio "petit buffon de Dieux" così amato, così teneramente custodito.

Il Dio che benedice e custodisce è un Dio che compatisce, partecipa, si immedesima, si coinvolge nel tempo di ciascuno. 
.
Penso all'inizio dell'Esodo e certo gli ebrei non stavano certamente bene quando ricevettero la benedizione: erano nel deserto, in cerca di una terra, in fuga da un lungo esilio, smarriti e inquieti.
Stavano scoprendo un Dio ancora ignoto che in tutti i modi cercava relazione  con loro.

Dio, come memoria, dà loro questa benedizione. Fa loro ricordo del suo amore da sempre: non disperate nella stanchezza, non piangete nello sconforto, non smarritevi nella confusione perché io vi accompagno da sempre, vi sono accanto, cammino con voi, sono nella vostra vita.  Sono con voi anche nel dolore, nella sofferenza, nella morte.

Questa sera abbiamo condiviso anche la sofferenza scoprendo che insieme viene abitata da un senso e dal mistero della presenza. Da un volto amico e da una parola che asciuga le lacrime.

Sono il Dio che desidera e cura. Sono il Dio che ama. Sono appassionatamente desideroso di essere vostro amico, alleato. Per sempre e qualunque cosa accada.

La benedizione di Dio prosegue: “Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”.

Il Dio-con-noi è un Dio così vicino all’uomo che risplende davanti a lui e, benedicendolo, lo inonda di grazia. È un Dio che rivolge il proprio volto all’uomo. Non si volge indietro disinteressato, ma si coinvolge, guarda in faccia l’uomo, gli parla, cerca relazione perchè ha così fame e sete da chiedere continuamente la nostra amicizia. E' il questuante d'amore, di prossimità, di vicinanza intima. Si fa accattone per amore.

Il volto di Dio è un volto che risplende, perché è un volto d’amore, un volto innamorato.
È un volto che si illumina di fronte alla creatura, perché abitato da desideri e speranze su ciascuno di noi.
È un volto che desidera la pace per ciascuno.

La benedizione antica, però, è abitata dal congiuntivo, perché Dio non impone, ma desidera. Scardina con la sua presenza, ma non violenta e il suo prendersi cura lascia continuamente margini di libertà, pertugi nelle nostre esistenze attraverso le quali passa la nostra adesione ad incontrarlo e la sua promessa perchè ciò avvenga.

giovedì 26 gennaio 2012

o cieli ditemi perchè?





«O cieli» 

O cieli, ditemi, perché?
Qual è la ragione di tutto ciò, di tanta offesa sulla terra?
(…)
Che cosa può significare un grande ebreo dei tempi antichi
a paragone di un piccolo ebreo dei nostri giorni?
In Polonia, in Lituania, in Volinia, in ogni diaspora,
in ogni ebreo grida un Geremia,
si lamenta un Giobbe in preda a sofferenze atroci.
Io invoco la terra intera e tutti i profeti
e li scongiuro:
Alzate la testa verso il cielo e sputateGli in faccia.
O cieli, voi non avete un Dio dentro di voi...
Aprite le porte o cieli, spalancatele!
Tutto un popolo crocefisso sale lassù,
e ciascuno dei bambini massacrati
può prendere il posto di un Dio...

Era questo un passo amato da Primo Levi, un brano tratto da "Canto del popolo ebraico massacrato", composto da Jizchaq Katzenelson tra il ghetto di Varsavia e il campo di sterminio (i fogli furono trovati in una bottiglia, sepolti nel lager, alla liberazione).


Ancora si sussurra nella preghiera, nel più profondo silenzio "O cieli, ditemi, perché?", ancora si urla nel cuore del mondo o nelle periferie abbandonate   "O cieli, ditemi, perché?".


Fare Memoria per me è anche tenere desta questa domanda:  "O cieli, ditemi, perché?".