lunedì 21 gennaio 2013

Solo un prete



Recupero da scatoloni, ancora zeppi di fogli e quaderni, brandelli del mio passato.
Alcuni mantengono ancora la loro vitalità, una loro ragione anche a distanza di tempo.
Non sono testi profetici ma righe sofferte e pagine di passioni.    Le mie di una vita.

Ottobre 1994. 
Parroco in una chiesa di una diocesi limitrofa a quella di Milano; per alcuni anni diverse volte al mese veniva a cena da me. Le conversazioni erano ricche e stimolanti.

Pochi anni fa ha chiesto e ottenuto di seguire e vivere in una comunità di famiglie aperte all’accoglienza



Un mio amico prete, uno di quelli che non smentisce la sua tonaca da tanti anni portata con amore e onore, mi fa il pregio di frequentare la mia casa puntualmente, onorando il pranzo non luculliano, ma buono e, così lui dice, “ben curato e piacevole anche agli occhi”.
“Vedi” inizia lui “la chiesa dovrebbe avere il sapore di casa tua; una benevolenza fraterna, una condivisione essenziale, un’amicizia robusta e virile…e come il vino che non dovrebbe mai mancare, sincero e abbondante.
Non son più tanto giovane e mi trovo con un sacco di cose che certo come sacerdote faccio, ma, come spiegarti…non sono tipiche del mio ministero.   Non mi son fatto prete, non sono stato chiamato per contare i soldi, per star dietro ai muratori che ripristinano la casa parrocchiale, per provvedere alla manutenzione del tetto della chiesa, per organizzare il pullman per la gita dei giovani, per tenere aperto il bar dell’oratorio… neppure capisco chi fa a gara per accaparrarsi un posto in curia… Certo son cose che faccio, alcune anche più volentieri di altre ma, ti ripeto, tutte queste cose non sono lo specifico del mio sacerdozio.
Devo preparare bene la liturgia, prepararmi bene nell’omiletica, formare ed educare, portare conforto a chi è malato, dare i sacramenti del battesimo, del matrimonio, della riconciliazione, visitare chi ha problemi in famiglia…far sentire la presenza premurosa e amica di un servo del signore alle donne e agli uomini che soffrono sempre più di rapporti autentici; portare una parola e uno sguardo benevolo…affezionare con una presenza vigile e insieme forte e discreta i giovani al Signore…
Si come prete avevo deciso di appassionarmi all’uomo in Cristo….tante volte mi sembra d’essere più un  burocrate, un impiegato che tira a campare…certo amo la Chiesa e per grazia di Dio non la lascerei per nulla al mondo.
Ma pure mi riscopro a vent’anni dal mio sacerdozio, attratto da una concezione di chiesa che ricalchi la dimensione e lo spirito familiare…dove vi sia calore, gioia, partecipazione, condivisione, un guardarsi negli occhi con verità e sincerità…dove certo non mancano problemi e incazzature gridate…Viceversa ho sempre più in uggia una chiesa lontana, presente solo per sentenziare giudizi e dare norme morali ma staccata dagli uomini, dalle vicissitudini che li sorprendono…
Sono un privilegiato ho tutto ma ….un sorriso  può non essere gratuito poiché è bene non dire tutto ciò che si pensa o si vorrebbe dire; dove può celarsi la falsità e l’ipocrisia; dove un prete, rimanendo pur anche in grazia di Dio difficilmente può trovare il calore d’un abbraccio fraterno tra i suoi confratelli.
Monade tra le monadi e solo, lasciato in una solitudine che spesso s’affaccia e sembra soffocarti…ognuno a smazzarsela, pur legittimamente, come meglio crede  o può. Tenendo duro, a volte arrampicandosi sui vetri per non mollare, per non perdere il filo della sua storia che lo lega al Signore…sacerdos in aeternum…
No non è questione solo di curia o di vescovo, di una diocesi sempre più depressa o altro…E’ questione più complessa…è come lo sbiadire, l’allentarsi anche di una fede di chiesa nel suo Signore servo per amore e fedele all’uomo dentro una compagnia di uomini”.