Ogni cosa passa vorticosamente. Anche questo natale passerà
via consumato in modo frenetico.
Le magre tredicesime assottigliate già sul nascere da tasse
e mutui, in questa crisi economica che azzanna e brucia posti di lavoro e
speranze, attenua ma non spegne il solito consumismo di queste feste ancora
piene di perline colorate e babbinatali illuminati.
Questa lunga recessione economica non cambia quello sguardo
d’indifferenza cui sembra destinato ormai il mistero della nascita di Gesù
Cristo che rimane questione stinta nel tempo; così distante, così irrilevante e
priva di significato nel vivere di tutti.
Certo di fronte al presepio si riaccendono forse barlumi di
nostalgia, reminiscenze legate a vicende e volti del passato: genitori e
parenti ormai scomparsi, la magia dell’attesa, i profumi dei giorni di festa,
le tavole imbandite…
Per chi ha figli piccoli e nipoti l’incantesimo di natale si
ravviva melanconico.
Nei più l’immaginario di quella mangiatoia nella grotta, di
quel bambinello evocano appena fugaci e fragili sentimenti di bontà a buon
mercato.
Il consumismo ha fagocitato ogni cosa, natale compreso,
festa usa e getta.
Ma allora non era il consumismo ad uccidere la memoria del
natale cristiano: denaro, potere e lussuria sono conseguenze e non cause.
Questa celebrazione e memoria della nascita sembra non abbia
realtà e spessore nel vivere: non ci tocca né ci coinvolge.
Non sorprende come stupì pastori e re magi che si misero in
cammino per cercare quel che accadde in quella notte illuminata da una grande
cometa.
Un evento grande, capace di stravolgere l’umanità.
Mi convinco che Cristo non è storia di ieri.
E poi che me ne farei d’un avvenimento come di una tesi
seppure ardita, d’una idea, un mito cui rifarsi per stabilire un fondamento al
vivere?
La tentazione presente è l’inclinazione a ritrarsi, quasi a
soffocare ogni speranza. A ridurre tutto ad un affare che si corrode celere,
che lascia traccia appena e poi svanisca, si smorzi come le luminarie appese ai
fantocci natalizi. Lasciando in bocca un sapore amaro.
Eppure il cuore dice che non c’è nostalgia o idea che possa
umanamente vincere la tentazione d’annichilimento e cinismo.
Il cuore pulsa ancora davanti a qualcosa di reale che si
vede e si tocca.
E allora l’intuizione di mantenere viva la speranza passa
attraverso la scommessa di dare credito alla luce della cometa che nella notte
di duemila anni fa illuminò il mondo accendendo il cuore degli uomini.
E seguire quella stella, in compagnia di uomini e donne
mossi dalla curiosità e dalla speranza, può già voler dire sottrarsi al buio
che ci circonda, allontanarci dal cinismo che imperversa.
Può voler dire scommettere su quel qualcuno che ha acceso la
nostra fede....sperimentando, qui ed ora, un vivere in pienezza e gioia.