Sempre,
dopo aver letto il Vangelo delle beatitudini, avverto la distanza che mi separa dalla comprensione
e s’accende la paura di rovinarlo coi miei pensieri, deturparlo con le mie
parole.
Mi
persuado di non averlo ancora capito e son quasi convinto che, meditandolo per
tutta la vita, alla fine solo per grazia riuscirò a interiorizzarlo.
Continua a sconcertarmi.
Locuzioni
e argomenti di cui non vedo il fondo. Fino a togliermi il fiato come davanti a
un precipizio.
Mi
fanno inquieto e inerme, rinfocolano la nostalgia mai sopita di un mondo fatto
di verità e giustizia, di piena uguaglianza.
M’arrovello
in tentativi di interpretazioni, balbetto timide esegesi non per smorzare la
vitalità ma per tenerla per me ancora vivida.
Le
Beatitudini non pongono in essere nuovi comandamenti, rappresentano la bella
notizia che il Signore offre gioia a chi
genera amore.
Al
punto che se io mi preoccupo della
felicità di qualcuno il Padre si preoccupa della mia felicità, ripagandomi in
abbondanza (qui mi risuona la voce di mia moglie “…ci verrà dato il centuplo”).
Beati:
parola che mi assicura che il senso dell’ esistenza è nel suo intimo, nel suo
nucleo ultimo, ricerca di contentezza e pienezza gioiosa, fino a concepire che
la felicità è nel programma di Dio.
Beati
voi, poveri! Mi par di vedere un’esultanza,
un rallegramento.
Non
beata la povertà, non è l’esaltazione del pauperismo ad oltranza.
Beate
le persone: i poveri senza aggettivi, tutti quelli che l'ingiustizia del mondo
condanna alla sofferenza.
Coloro
che schiacciati dall’iniquità non hanno protettori umani, sono calpestati e
derelitti.
Povero
sono io nel riconoscermi bisognoso d'altri per vivere, perché io non mi basto,
mi devo affidare, chiedere perdono.
Non
sono autosufficiente fin dal primo vagito.
La
promessa non è nel futuro rovesciamento: oggi poveri domani ricchi, tutti
Paperon de Paperoni.
E’
rivolta all’adesso, al presente, nell’hic et nunc,: beati voi, poveri, perché
vostro è il Regno.
Beati,
perché è con loro che il Signore stabilisce di cambiare la storia, non con i
potenti.
I
poveri hanno il cuore al di là delle cose: c’è la promessa, qui ora, d’un Dio
che salva e libera.
I
poveri sono come vasi che possono contenere frammenti di paradiso e di futuro.
Beati
voi che piangete. Il Signore non ama il dolore, non esorta alla sofferenza, non invita al
martirio.
Il
Signore è lì con i poveri che piangono perché è più vicino a chi ha il cuore
ferito, insanguinato.
Incoraggia
a non abbattersi, asciuga le lacrime e si offre come riparo e diventa vita della
tua vita, lacrime del pianto d’ogni uomo.
E
poi c’è un avvertimento: guai a voi
ricchi!
E’
un avviso per dire: state sbagliando.
Avete
il cuore talmente pieno (di divinità, di voi stessi, di averi) da non rendervi
conto d’aver perso (voi stessi, gli affetti).
Avete sbagliato, voi ricchi, perché le cose attraverso le quali
ostentate il potere e la ricchezza sono dittatrici e il più delle volte le
ricchezze accumulate sono sottratte, estorte, accumulate con la menzogna e rubate ai poveri.
E
la felicità allora, ne son sempre più convinto, non viene dall’avere e dal
potere ma dalla grazia di poter essere
beati.
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