Arriva,
ancora arriva! Ritorna di nuovo
l’avvento. Tempo d’attesa e di preparazione, con gli occhi a scrutare l’oltre
in un cielo tempestato di stelle che sparpagliano flebili luci sul futuro.
Per molti
scontato, periodo risaputo già visitato e ormai svuotato d’ogni mistero.
Nel tempo
presente carico di buio.
Auspicio,
speranza, desiderio di giustizia e pace: ogni cosa profuma d’aromi e spezie e la memoria di mirra e incenso nell’oro diffuso ovunque a marcare
figliolanza regale.
Tempo
antico e rinnovato, datore di brame minuscole eppure così vaste, di aspirazioni
profonde e intense, estese oltre i mari e spazi siderali e moltitudini da
sempre di affamati e assetati di verità e bellezza.
Miserabili
generazioni bramose di pane e acqua come di sguardi di tenerezza e mani amorevoli.
Col freddo che
fa intirizzire il volto e gelare le mani, col fiato corto e gelido a marcare il
tempo di quella nascita attesa al punto da sospendere ogni altro tempo.
Tempo
precario, incerto, drammatico eppure aperto a luce gioia vita.
Arriva
l’avvento, ancora una volta la fatica di credere e come scommessa per sperare e
rinascere.
In piedi,
vigilanti affaticati e barcollanti in attesa a scorgere la stella dalla coda
luminosa.
Seguire
flebili luci e orme sbiadite e voci usurate e fiacche di chi s’incammina
all’incontro.
Con chi ha
visto credendo prima ancora di vedere ma solo lasciandosi oltrepassare da una parola
senza tempo perennemente nuova.
E poi
ancora chiarori e occhi sospesi vigili e curiosi, menti inquiete.
E sogni; e
ancora aspirazioni e attese e preghiere urlanti e flebili bisbigli e sospiri.
Col cuore
travagliato e stremato.
Lacrime.
Di nuovo un
nuovo avvento, così remoto così presente.
E poi
domani e poi ancora sino a quando il primo vagito dell’uomo nuovo rischiara di
senso ogni cosa e tutto riscatta e tutto rigenera.