Ci sono vari modi per non
ricordare qualcuno.
Il modo forse peggiore è quello
di tracciarne a grandi linee la sua vita per decretarne la morte certa.
Un altro modo è quello di
dimenticare, sino a cancellarne ogni traccia.
Infine (sono limitato nella
vista, vedo solo questi) un altro modo ancora è quello di
recuperarlo alla memoria per denigrarlo, per farlo apparire nel peggiore dei
modi possibili. Per attribuirgli ogni responsabilità di declino, di fallimento.
L’ufficialità della Chiesa è
silente e latita nel celebrare un evento con la “e” maiuscola.
Eppure molte cose sono cambiate al punto da sortire un
prima e un dopo, uno spartiacque tra il pre-e il post concilio.
“L’aria è pesante, i profeti sono morti o in pensione e lo
Spirito Santo è stato narcotizzato”. Così un
mio amico sacerdote liquida sarcasticamente la situazione odierna della
Chiesa.
Rimane la pesantezza del tempo presente.
E voci isolate, esperienze monadiche, vitalità quasi
sommerse che raccontano semi di speranza che creano incontri, intrecci. Quasi
in clandestinità. Catacombali. Per
raccontare di un qualcosa che ha scaldato di nuovo il cuore di donne e di
uomini.
Come a Roma sabato scorso all’incontro Chiesa
di tutti, Chiesa di poveri. Dove il popolo di Dio si è autoconvocato, riunendosi in libertà, senza ipocrisie. Si è confrontato
con fiducia, senza calcoli preventivi dettati da tatticismi e "viscidismi" curiali, opportunismi. Forse lo Spirito ha tirato un soffio di sollievo.
Riporto quanto scritto da Vito Mancuso sulla Repubblica
del 14 Settembre.
Un vento di aria pura che oggi è imprigionato
di
Vito Mancuso
in
“il venerdì” - la
Repubblica - del 14 settembre 2012
La
guerra che si combatte nella Chiesa sul Vaticano II sta tutta in questa
domanda: che rapporto c'è tra il più
importante evento ecclesiale del Novecento e la Tradizione precedente?
Le risposte sono tre: la destra
tradizionalista sostiene che fu una rottura così radicale da essere tradimento;
il grande centro parla di continuità; la
sinistra afferma che fu una svolta così positiva e radicale da costituire un
nuovo gioioso inizio.
La Chiesa
gerarchica nella sua ufficialità è attestata sulla rassicurante risposta numero
due con importanti interventi di
Benedetto XVI al riguardo, mentre le minoranze di destra e ai sinistra.
accomunate dalla tesi della
discontinuità, sono molto più inquiete e premono ovviamente in direzioni
opposte: la destra per fare marcia
indietro, la sinistra per proseguire lo spirito di apertura al mondo del
Vaticano II. In realtà basta accostare
le decisioni più significative del Vaticano II alle impostazioni preconciliari
per cogliere una tale differenza da
rendere legittimo, anzi doveroso, parlare di discontinuità: 1) la Bibbia,
da
testo sconsigliato e persino vietato ai laici, viene promossa e diffusa
ampiamente; 2) gli ortodossi e i protestanti
da scismatici ed eretici diventano «fratelli separati»; 3) gli ebrei da
«perfidi giudei» diventano «fratelli
maggiori»; 4) le altre religioni da idolatrie diventano vie verso Dio e la
salvezza; 5) la libertà di coscienza in
materia religiosa passa dalla condanna a esplicito insegnamento papale; 6)
il potere viene ripensato alla luce
della collegialità; 7) la liturgia ha un nuovo rito, si abolisce il latino,
si sposta l'altare. Ma al di là delle
singole decisioni, era anzitutto il clima a essere radicalmente diverso.
Ha
dichiarato il cardinal Martini in un'intervista ad Aldo Maria Valli: «Conservo
il ricordo
dell'atmosfera
di quegli anni, una sensazione di entusiasmo, di gioia e di apertura... si
usciva finalmente da un'atmosfera che
sapeva un po' di muffa, di stantio, e si aprivano porte e finestre, circolava
l'aria pura».
Come
siamo messi oggi? Ancora Martini: «Ciò che si è perso è proprio
quell'entusiasmo, quella fiducia, quella
capacità di sognare... si è tornati a una certa mediocrità». L'aria, insomma,
si è fatta di nuovo pesante.
Il
Vaticano II ha avuto una maggioranza progressista e una minoranza
conservatrice. A distanza di mezzo
secolo la minoranza di allora è diventata maggioranza di oggi, segnale di un
complessivo cambiamento a livello
mondiale, con tempi sempre più incapaci di nutrire ideali e coltivare speranze.
Ma
nella Chiesa il problema è più complesso e consiste nel fatto che l'attuale
maggioranza sta facendo tabula rasa del
campo avversario, privando la
Chiesa di una dinamica essenziale alla vita e alla riflessione. Dopo la morte di Martini nella
gerarchia della Chiesa italiana le voci di quella che un tempo fu la maggioranza conciliare sono forse ormai
solo tre: Dionigi Tettamanzi, Luigi Bettazzi e Giuseppe Casale, tutti vescovi emeriti, in pensione.
Da anni il Vaticano produce nomine tutte a senso unico, tra cui clamorosa
quella di Scola a Milano visto che mai un patriarca di Venezia aveva lasciato
San Marco se non per fare il papa, e che
si spiega solo come il colpo finale agli ideali del rinnovamento conciliare. Se
a questo si aggiunge la repressione della teologia e di ogni forma di critica
il quadro è completo. Nell'ultima intervista
Martini ha dichiarato: «Vedo nella Chiesa di oggi così tanta cenere
sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza», parole che
potrebbero essere sottoscritte dalla gran parte dei vescovi e dei periti
teologici che cinquant'anni fa arrivavano a Roma per il Vaticano Il. L'ironia
vuole che proprio uno di essi sia oggi
il pontefice regnante, tra i principali responsabili di questa cupa situazione.