lunedì 17 settembre 2012

"...lo Spirito Santo è stato narcotizzato"



Ci sono vari modi per non ricordare qualcuno.
Il modo forse peggiore è quello di tracciarne a grandi linee la sua vita per decretarne la morte certa.
Un altro modo è quello di dimenticare, sino a cancellarne ogni traccia.
Infine (sono limitato nella vista, vedo solo questi) un altro modo ancora è quello di recuperarlo alla memoria per denigrarlo, per farlo apparire nel peggiore dei modi possibili. Per attribuirgli ogni responsabilità di declino, di fallimento.
L’ufficialità della Chiesa è silente e latita nel celebrare un evento con la “e” maiuscola.
Eppure molte cose sono cambiate al punto da sortire un prima e un dopo, uno spartiacque tra il pre-e il post concilio.  
“L’aria è pesante, i profeti sono morti o in pensione e lo Spirito Santo è stato narcotizzato”. Così un  mio amico sacerdote liquida sarcasticamente la situazione odierna della Chiesa.
Rimane la pesantezza del tempo presente.
E voci isolate, esperienze monadiche, vitalità quasi sommerse che raccontano semi di speranza che creano incontri, intrecci. Quasi in clandestinità.  Catacombali.   Per raccontare di un qualcosa che ha scaldato di nuovo il cuore di donne e di uomini.
Come a Roma sabato scorso all’incontro Chiesa di tutti, Chiesa di poveri.  Dove il popolo di Dio si è autoconvocato, riunendosi in libertà, senza ipocrisie. Si è confrontato con fiducia, senza calcoli preventivi dettati da tatticismi e "viscidismi" curiali, opportunismi. Forse lo Spirito ha tirato un soffio di sollievo.

Riporto quanto scritto da Vito Mancuso sulla Repubblica del 14 Settembre.

Un vento di aria pura che oggi è imprigionato
di Vito Mancuso
in “il venerdì” - la Repubblica - del 14 settembre 2012
La guerra che si combatte nella Chiesa sul Vaticano II sta tutta in questa domanda: che rapporto c'è  tra il più importante evento ecclesiale del Novecento e la Tradizione precedente? Le risposte sono tre: la  destra tradizionalista sostiene che fu una rottura così radicale da essere tradimento; il grande centro parla di  continuità; la sinistra afferma che fu una svolta così positiva e radicale da costituire un nuovo gioioso inizio.
La Chiesa gerarchica nella sua ufficialità è attestata sulla rassicurante risposta numero due con importanti  interventi di Benedetto XVI al riguardo, mentre le minoranze di destra e ai sinistra. accomunate dalla  tesi della discontinuità, sono molto più inquiete e premono ovviamente in direzioni opposte: la destra  per fare marcia indietro, la sinistra per proseguire lo spirito di apertura al mondo del Vaticano II. In realtà  basta accostare le decisioni più significative del Vaticano II alle impostazioni preconciliari per  cogliere una tale differenza da rendere legittimo, anzi doveroso, parlare di discontinuità: 1) la Bibbia,
da testo sconsigliato e persino vietato ai laici, viene promossa e diffusa ampiamente; 2) gli ortodossi e i  protestanti da scismatici ed eretici diventano «fratelli separati»; 3) gli ebrei da «perfidi giudei»  diventano «fratelli maggiori»; 4) le altre religioni da idolatrie diventano vie verso Dio e la salvezza; 5) la  libertà di coscienza in materia religiosa passa dalla condanna a esplicito insegnamento papale; 6) il  potere viene ripensato alla luce della collegialità; 7) la liturgia ha un nuovo rito, si abolisce il latino, si  sposta l'altare. Ma al di là delle singole decisioni, era anzitutto il clima a essere radicalmente diverso.
Ha dichiarato il cardinal Martini in un'intervista ad Aldo Maria Valli: «Conservo il ricordo
dell'atmosfera di quegli anni, una sensazione di entusiasmo, di gioia e di apertura... si usciva finalmente  da un'atmosfera che sapeva un po' di muffa, di stantio, e si aprivano porte e finestre, circolava l'aria pura».
Come siamo messi oggi? Ancora Martini: «Ciò che si è perso è proprio quell'entusiasmo, quella  fiducia, quella capacità di sognare... si è tornati a una certa mediocrità». L'aria, insomma, si è fatta di nuovo  pesante.
Il Vaticano II ha avuto una maggioranza progressista e una minoranza conservatrice. A distanza di  mezzo secolo la minoranza di allora è diventata maggioranza di oggi, segnale di un complessivo  cambiamento a livello mondiale, con tempi sempre più incapaci di nutrire ideali e coltivare speranze.
Ma nella Chiesa il problema è più complesso e consiste nel fatto che l'attuale maggioranza sta  facendo tabula rasa del campo avversario, privando la Chiesa di una dinamica essenziale alla vita e alla  riflessione. Dopo la morte di Martini nella gerarchia della Chiesa italiana le voci di quella che un tempo fu  la maggioranza conciliare sono forse ormai solo tre: Dionigi Tettamanzi, Luigi Bettazzi e Giuseppe  Casale, tutti vescovi emeriti, in pensione. Da anni il Vaticano produce nomine tutte a senso unico, tra cui clamorosa quella di Scola a Milano visto che mai un patriarca di Venezia aveva lasciato San Marco se non per  fare il papa, e che si spiega solo come il colpo finale agli ideali del rinnovamento conciliare. Se a questo si aggiunge la repressione della teologia e di ogni forma di critica il quadro è completo. Nell'ultima intervista  Martini ha dichiarato: «Vedo nella Chiesa di oggi così tanta cenere sopra la brace che spesso mi assale un senso di impotenza», parole che potrebbero essere sottoscritte dalla gran parte dei vescovi e dei periti teologici che cinquant'anni fa arrivavano a Roma per il Vaticano Il. L'ironia vuole che proprio uno di  essi sia oggi il pontefice regnante, tra i principali responsabili di questa cupa situazione.

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