Tra
le acque del grande mare, i cui flutti lambivano il cielo, correva raggiante
una piccola giovane onda. Saltava e
correva, s’inabissava e si lasciava muovere dalle correnti sino a sollevarsi e
farsi arruffare dal vento spruzzando lucenti perle d’acqua dalla gioia.
Era
un’onda felice.
Felice
d’essere un’onda, felice d’essere quel che era.
Un
giorno in lontananza all’orizzonte vide, appena affiorante l’acqua, qualcosa
che sporgeva prepotente.
Avvicinandosi
sempre più scorse nitidamente rocce, scogliere, spiagge.
S’accorse
così che le altre onde, quelle che erano andate già avanti, tra gli scogli e le
spiagge andavano a frantumarsi, infrangendosi in mille spruzzi fino a
scomparire.
Di
quelle onde non rimaneva più nulla.
Così
la piccola giovane onda da felice e spensierata cominciò ad intristirsi.
Il
vento, sospingendola con forza verso gli scogli e le spiagge, le impediva di
restare ferma e di certo non poteva ritornare indietro.
Neppure
poteva inabissarsi nascondendosi nel profondo del mare.
Passandole
accanto un’altra onda, quella più grande, le chiese che cosa le fosse successo,
poiché non l’aveva mai vista così triste.
La
giovane onda subito le rispose piangendo: “…non vedi tu gli scogli...le spiagge?…non
vedi come andremo a finire? Non capisci
che andrai a frantumarti fino a scomparire?...”.
Con
un velo di commozione la grande onda rispose benevola: “Mia piccola leggiadra
onda tu sei mare, noi siamo mare…”.
Tra
gli appunti presi ad un seminario di formazione, avevo annotato alcuni flashes
di questa storiella narrata dal relatore.
Ero nell’aprile 1998.
Tutta
la nostra vita è disseminata di date che narrano gioie, dolori, nascite, morti.
Quella
data ha espresso un dolore, una di quelle ferite le cui tracce, pur sbiadendosi
nel tempo, non scomparirà mai.
Ha
scisso la mia vita lacerandola, rappresentandola in un prima e un dopo.
La
vita di chiunque non è un fatto privato, o meglio non è solamente un semplice
accadimento che tocca (s)convolgendo
l’esistenza di un individuo.
Non
è “cosa nostra”, una roba mia strettamente personale. La vita non è
racchiudibile (solo) nel mio piccolo cuore di carne.
Mi
trovo a considerare che la mia vita faccia parte di un oceano immenso come
l’onda del mare.
Rifletto
che nulla andrà perso e che ogni (apparentemente) irrilevante gesto d’amore,
ogni esuberante sussulto di gioia di vivere, ogni fremito di passione, ogni
balbettio di felicità come ogni lacrima versata e ogni dolore patito sia solo
una minuscola goccia che forma l’oceano. Ogni cosa fa parte del tutto cui
appartengo, che mi appartiene.
“Tu
sei mare, noi siamo mare”.