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Da qui derivò tanto il
primo significato di “separare”, quanto quello traslato di “scegliere”.
E’ esperienza
quotidiana di ciascuno di noi: per scegliere si fa un’operazione di
distinzione, si separa.
Scegliere implica un
preferire, un anteporre, un optare, un prediligere.
Dunque siamo
perennemente nella condizione di scegliere e separare; siamo permanentemente
portati verso la crisi.
Siamo chiamati, a volte
con sofferenza, a trattenere ciò che vale e scartare ciò che riteniamo non abbia
pregio o valga meno. Stabiliamo, attraverso categorie di giudizio e criteri di
merito, valutazioni che ci orientano nelle scelte che poi ci guidano. Il
criterio etico, morale, religioso,… di opportunità e convenienza sociale,
economica…
L’uomo è chiamato
costantemente a scegliere. L'immagine delle due vie è un motivo ricorrente
nella Bibbia, dove è sinonimo di scelta, di decisione vitale e morale. In gioco
c’è la vita, il volto della propria coerenza e identità; lo spessore e la
fedeltà all’esistenza sotto il cielo dei
viventi.
"La via dei giusti è come la
luce dell'alba, che aumenta lo splendore fino al meriggio. La via degli empi è
come oscurità" (Proverbi 4,18-19). Significativa è questa
dichiarazione del Deuteronomio: "Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita
e la morte la benedizione e la maledizione: scegli dunque…" (30,15.19).
Le due strade sono spesso dipinte a
colori vivaci attraverso un'altra simbologia di tipo vegetale-agricolo.
In uno scenario
desolato e soleggiato come quello palestinese un albero rigoglioso e carico di
frutti, lungo una corrente di acqua viva, diventa un emblema espressivo di letizia
e di benessere e, quindi, di giustizia ricompensata. Questa immagine era già
stata usata da Geremia: "Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il
Signore è la sua fiducia. Egli è come un albero piantato lungo l'acqua, verso
la corrente stende le sue radici; non teme quando viene il caldo, le sue foglie
rimangono verdi; nell'anno della siccità non intristisce, non smette di
produrre i suoi frutti" (17,7-8).
Alla
solidità dell'albero, si contrappone l’irrilevanza della pula, secca, inconsistente.
Una lunga tradizione biblica equipara l'empietà a questa realtà inutile e
impalpabile. Addirittura nei Vangeli l'immagine diventa l'annunzio del giudizio
di Cristo fatto dal Battista: "Egli ha in mano il ventilabro (Pala di legno usata dai
contadini per liberare il grano dalla pula) per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento
nel granaio; ma la pula la brucerà con fuoco inestinguibile" (Luca
3,17).
E’ urgente allora,
nell’epoca ritmata da scelte e separazioni, educarci (ed educare) costantemente
alla crisi; entrarvi e usare tutto il discernimento di cui siamo capaci fino a cogliere un suono più profondo di là dal rumore della vita
normale. Incoraggiandoci ad andare oltre il frastuono di chiacchiere vane in un
tempo da riempire sciupandolo.
E cercare,
fino a questuare quel dono di vedere – attraverso le apparenze e al di là di
esse – il profondo legame di tutte le cose, in Dio.