giovedì 23 giugno 2011

L'oggi è un regalo (gli occhi dell'anima)

Due uomini, entrambi gravemente ammalati, occupavano la stessa stanza d'ospedale. Uno dei due doveva sedersi sul letto un'ora al giorno durante il pomeriggio per espellere delle secrezioni polmonari e respirare meglio.  Il suo letto si trovava di fianco all'unica finestra nella stanza. L'altro uomo era costretto a passare supino le sue giornate. I due compagni di sventura si parlavano per ore. Parlavano delle loro mogli e delle loro famiglie, descrivendo le loro case, il loro lavoro, la loro esperienza al servizio militare ed i luoghi dov'erano stati in vacanza.  Ed ogni pomeriggio, allorché l'uomo nel letto vicino alla finestra si poteva sedere, questi passava il tempo a descrivere al suo compagno di stanza tutto quello che vedeva fuori. L'uomo nell'altro letto cominciò a vivere nient'altro che per questi periodi di un'ora durante i quali il suo mondo si apriva ed arricchiva di tutte le attività e colori del mondo esterno.  Dalla camera, la vista dava su di un parco con un bel lago. Le anatre ed i cigni giocavano nell'acqua, mentre i bambini facevano navigare i loro modelli di battelli in scala. Gli innamorati camminavano a braccetto in mezzo a fiori dai colori dell'arcobaleno. Degli alberi secolari decoravano il paesaggio e si poteva intravedere in lontananza la città profilarsi.
Mentre l'uomo alla finestra descriveva tutti questi dettagli, l'altro chiudeva gli occhi e si immaginava le scene pittoresche. Durante un bel pomeriggio, l'uomo alla finestra descrisse una parata che passava lì davanti.  Sebbene l'altro uomo non avesse potuto udire l'orchestra, riuscì a vederla con gli occhi della propria immaginazione, talmente il suo compagno la descrisse nei minimi dettagli. I giorni e le settimane passarono. 

Una mattina, all'ora del bagno, l'infermiera trovò il corpo esanime dell'uomo vicino alla finestra, palesemente morto nel sonno.

Rattristata, essa chiamò gli addetti della camera mortuaria perché venissero a ritirare il corpo. Non appena sentì che il momento fosse appropriato, l'altro uomo chiese se poteva essere spostato in prossimità della finestra.

L'infermiera, felice di potergli accordare questo piccolo favore, si assicurò del suo confort e lo lasciò solo.

Lentamente, sofferente, l'uomo si sollevò un poco, appoggiandosi su di un sostegno, per gettare un primo colpo d'occhio all'esterno. Finalmente, avrebbe avuto la gioia di vedere lui stesso quanto il suo amico gli aveva descritto.

Si allungò per girarsi lentamente verso la finestra vicina al letto.....e tutto ciò che vide fu un muro!

L'uomo domandò all'infermiera perché il suo compagno di stanza deceduto gli avesse dipinto tutta un'altra realtà. L'infermiera rispose che quell'uomo era cieco, e che non poteva nemmeno vedere il muro. "Forse ha solamente voluto incoraggiarvi", commentò.
                               
                               EPILOGO
 
Vi è una felicità straordinaria nel rendere felici gli altri, a discapito delle nostre proprie sofferenze. La pena condivisa riduce a metà il dolore, ma la felicità, una volta condivisa, si ritrova raddoppiata. Se volete sentirvi ricchi, non avete che da contare, tra tutta le cose che possedete, quelle che il denaro non può comperare. L'oggi è un regalo, ed è per questo che in molte lingue lo si chiama 'presente'.

(autore sconosciuto)




"Nessuna strada ha mai condotto nessuna carovana
fino a raggiungere il suo miraggio,
ma solo i suoi miraggi hanno messo in moto le carovane".
(Henri Desroche)
                                                                    
                                                                       Alla vita
"La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell'al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.

La vita non é uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla é più bello, più vero della vita.

Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant'anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
                         e la vita peserà di più sulla bilancia". 

                                                                   (Nazim Hikmet)



mercoledì 22 giugno 2011

Leggiamola attentamente; lasciamo che le parole ci penetrino, scalfendoci.  Leggiamo questa poesia come se fosse diretta a ciascuno di noi. Una missiva personale. Magari l'ultima.  Leggiamola e mentre posiamo i nostri occhi su ogni singola lettera scritta, pensiamo all'infelicità che abbiamo accumulato e a quella che abbiamo donato a mani piene. Coraggio, osiamo pretendere un pò di più da noi stessi. In fondo possiamo volerci anche più bene e potremmo amare meglio chi ci circonda. Non è mai troppo tardi. Che ne dite?


Lentamente muore

Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non
rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su
bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul
lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un
sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi
non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i
giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non
fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli
chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di
respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida
felicità.


(P. Neruda)
"Poco dopo la morte di Rabbi di Kobryn, il vecchio di Kotzk, Rabbi Mendel, chiese ad uno dei suoi discepoli: "per il vostro Maestro quale era la cosa più importante?". "Ciò di cui si occupava proprio in quel momento" rispose il discepolo".


Anche nella vita di Buddha è espresso spesso questo concetto. Un giorno qualcuno gli chiese "Quale pratica seguite tu e i tuoi monaci?". Il Buddha rispose "Noi ci sediamo, noi camminiamo, noi mangiamo". La persona rimase stupita e obiettò: "Tutti si siedono, camminano e mangiano". "Si, - rispose il Buddha - ma noi quando siamo seduti, sappiamo di essere seduti, quando camminiamo, siamo consapevoli di camminare, quando mangiamo, sappiamo di mangiare". 



STRADE


Inutile chiedersi dove
potevano portare altre strade,
dato che portavano altrove;
poiché è solo qui e ora
la mia vera destinazione.
È dolce il fiume nella tenera sera
e tutti i passi della mia vita mi hanno
portata a casa.

 Ruth Bidgood

(da Impronte: poesia gallese contemporanea, Mobydick, 2007)

                                                                                                                                             
                                                                                                                                                                       

Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò di non appesantire l’oggi con i pesi delle mie preoccupazioni per il domani – ma anche questo richiede una certa esperienza. Ogni giorno ha già la sua parte. Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso promettere nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. Forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali ma anch’esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: (…) tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi. Esistono persone che all’ultimo momento si preoccupano di mettere in salvo aspirapolveri, forchette e cucchiai d’argento – invece di salvare te, mio Dio” (Etty Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi, pp. 169-170).  


(E.Hillesum, foto tratta da Internet)


Tutto qui ora (quasi un'ode)

Vivo, tutto qui ora, sereno e grato.
E ridiamo, io mia moglie e mio figlio.

Ci amiamo, ci sentiamo amati e mentre viviamo,
tutto qui ora, nella semplicità delle cose, Dio ride con noi. 
(DDV)









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