domenica 18 novembre 2012

questo nostro Dio compagno di vita



Abbiamo pregato e abbiamo condiviso il cibo.
Abbiamo scherzato e pianto.
Abbiamo partecipato gli uni dell'afflizione degli altri.

Patire insieme è forse più sopportabile.
Il dolore non cessa di essere tale perché condiviso ma è forse più tollerabile. Persino a volte sensato.

Le lacrime scorrono meno feroci se ad asciugarle ci sono gli amici.

E il buio di un seminterrato diventa la più splendente delle cattedrali per incontrare la parola di Dio.

Il pianto si placa nell’abbraccio. 

Una Chiesa che abbraccia rende ospitale un  mondo a volte ostile, a volte chiuso. Indifferente alle lacrime.

Una chiesa che abbraccia accoglie il dolore sempre incomprensibile e assurdo rendendolo persino speranza ai piedi della Croce.

Speranza come nel giorno della Pasqua.

Il segno dell’abbraccio e della condivisione è il segno della vitalità di Dio che ancora abita tra gli uomini.

Son sempre stato attratto dal Dio che piange per il suo popolo, che geme e singhiozza con il suo popolo. 

Mi hanno sedotto le lacrime che il Signore versa per le sofferenze patite dall’uomo. 

Dolore inutile il nostro, di donne e uomini (co)stretti alla vita.
Piegati e piagati del vivere sino allo sfinimento.
Sino all’impossibilità di assecondare il fluire dell’esistere.
Quasi un Dio inutile davanti al dolore e alla morte.

Per simpatia, per condivisione con un abbraccio entra nell’umanità caricandosi  di sofferenze e di morte.

E Dio si fa inutilmente piccolo, umano, nostro compagno di vita.




sabato 10 novembre 2012

Le tre R: Relazioni - Riposo - Risorto

Il business è l'unica legge osservata. La vulgata di questo tempo triste.
Negli ultimi anni s'è imposto un costume nuovo. Certo con gradualità, non in modo sfacciato. Impegnare il giorno di festa, specialmente la domenica, per gli acquisti nei negozi e nei centri commerciali. Ci hanno inoculato un refrain subdolo e falso: lavorare è necessario per uscire dalla crisi. Per cui si deve lavorare nei giorni di festa e di notte. Nel 2011 è avvenuto un fatto nuovo: il primo maggio, la festa del lavoro e per antonomasia giorno di riposo dei lavoratori, ha subito la pressione mediatica e interessata perchè fosse giorno lavorativo. La manfrina usata: la crisi, l'inopportunità di un giorno festivo, la montatura dei tanti e troppi giorni di non lavoro,..
La sacra alleanza tra la grande distribuzione e le imprese commerciali ha stabilito questa legge; il suo vero nome è ricatto. Gli inizi dell'anno in corso coincidono col decreto Salvaitalia (?!) che liberalizza le aperture dei negozi e centri commerciali ventiquattro ore al giorno su ventiquattro, sette giorni su sette la settimana. Certo non si tratta di obbligo ma di sola possibilità.
Si tratta di un fatto nuovo, di natura prima di tutto culturale che intacca il tabù per cui il bene dei consumatori coincide con la massima apertura degli orari dei negozi e centri commerciali. Gli affari sono affari; gli incassi della domenica della grande distribuzione sarebbero inferiori solo a quelli realizzati il sabato. Nessuno scrupolo nei confronti dei lavoratori, delle loro famiglie, dei negozi di vicinato che abbassano le saracinesche per via di una concorrenza spietata e impari, le altre attività diverse dalla compravendita delle merci,..

Ben venga allora l'iniziativa  che parte dalla diocesi di Padova  e raccontata sulle pagine di la Repubblica di oggi a firma di Michele Smargiassi. Cercasi disperatamente vescovi e preti e laici non passivi e coraggiosi.

“Rinunciate allo shopping domenicale” Il vescovo di Padova lancia la crociata
di Michele Smargiassi                   in “la Repubblica” del 10 novembre 2012

PADOVA, parrocchia del Buon Pastore, quartiere Arcella, zona difficile. In canonica Rita, catechista con grinta, fotocopia i “moduli di boicottaggio” da far firmare ai parrocchiani, domenica prossima, all’uscita da messa. C’è scritto: «Mi impegno a non andare a fare la spesa di domenica, per non sostenere con i miei consumi l’apertura dei centri commerciali nei giorni festivi». Scusa  Rita, e se mi manca il burro? «Bussa alla porta del vicino. Così magari ti fai anche un amico».
La sfida è partita. Un’intera diocesi, una delle più grandi d’Italia e forse la più solida, quella di  Padova, la città del Santo, si mette in marcia contro il furto del giorno del Signore. Con la  benedizione del vescovo Antonio Mattiazzo. E senza timore di usare quella parola così forte:  boicottaggio. Sette mesi di campagna all’insegna delle «tre R: Relazioni, Riposo, Risorto», tutte le  parrocchie e le associazioni mobilitate.
Non è più la solita predica. Fin dal Vaticano Secondo la protesta della Chiesa contro il lavoro  domenicale non necessario è severa, non c’è Papa che non l’abbia ribadita dal più alto soglio, ma  questa volta si passa dalle parole anche illustri ai fatti, minuti e probabilmente efficaci. La raccolta  di impegni individuali firmati di boicottaggio è solo il primo. Poi le parrocchie compileranno “liste bianche” di negozi che rispettano la festa, le affiggeranno sui sagrati, le pubblicheranno nei bollettini, le contrassegneranno con adesivi da esporre in vetrina invitando i fedeli a fare spesa solo lì. Poi le cattedrali della fede beffeggeranno le cattedrali del consumo esponendo sulla facciata lo striscione polemico: “Questa chiesa è aperta anche alla domenica”. Poi i giornali diocesani, con un certo sacrificio economico, rifiuteranno inserzioni pubblicitarie di negozi che non rispettano il riposo domenicale. «La cosa più difficile sarà convincere il rettore del santuario di Sant’Antonio a  chiudere il negozio di souvenir alla domenica, ma se non diamo noi il buon esempio... », sorride padre Adriano Sella sulla soglia della cappellina di san Giuseppe Lavoratore, in piena zona  industriale.
Ex missionario in Brasile, tornato in Veneto perché «ormai la terra di missione è qui», direttore  della “Commissione diocesana per i nuovi stili di vita”, padre Adriano è l’uomo che ha ideato e  coordina la mite ma decisa offensiva. «Non è una crociata contro i supermercati. È la riscoperta del valore del tempo del riposo, della famiglia, delle relazioni umane. La domenica non è l’ultimo  giorno del weekend, e non è neanche soltanto il giorno del Signore, anche noi, Chiesa, dobbiamo evitare di riempirla di riti e cerimonie. Il giorno senza lavoro è una necessità primordiale,  antropologica dell’uomo, non solo un comandamento del credente. Il riposo infrasettimanale non  compensa nulla, perché ciascuno ha un giorno diverso e non ci si incontra più: mentre la domenica è  della comunità, è di tutti ed è assieme», spiega mentre guida sulle strade della provincia a distribuire  il vedemecum di 24 pagine con le istruzioni dettagliate per la campagna e a incoraggiare le sue  truppe disarmate.   Nell’anno 304 ad Abitène, oggi in Tunisia, 304 cristiani affrontarono il martirio al grido di «senza  domenica non possiamo vivere!». Ai boicottatori dello shopping, padre Adriano chiede molto meno  sacrificio ma più fantasia. E la trova. A Due Carrare Caterina, responsabile del patronato di San  Giorgio, ha coinvolto l’amica professoressa Anna Chiara, e domenica si porta tutto il paese a  passeggio tra le sconosciute memorie storiche della zona, l’abbazia di Santo Stefano, il ponte    
romano, la villa veneziana: «La gente scappa nei centri commerciali perché ha paura del vuoto della
domenica. Bisogna offrire alternative ». A Cazzago Gianni Simonato, tecnico informatico, sta ridipingendo il vecchio circolo Acli: «Offriremo il caffè dopo la messa, per continuare a stare  insieme », come si fa in certe chiese anglicane. In sala biliardi un monitor sempre acceso pubblicizza il boicottaggio. Qui la minaccia è seria, si chiama Veneto City, progetto di megacentro commerciale in piena campagna, «già adesso la domenica il paese si svuota, vanno tutti a Padova o  a Mestre a fare spese, figuriamoci dopo». A Maserà, nella sua curiosa chiesa-pagoda, don Francesco  Fabris è preoccupato: «Vengono le mamme commesse di negozio a chiedermi aiuto, “fate qualcosa  voi, il sindacato ha già firmato l’accordo per il lavoro domenicale”, cosa posso fare per queste  persone?». Il 4 marzo scorso a Padova le commesse sfilarono per strada con il codice a barre  appuntato sui grembiuli per dire “la domenica non ha prezzo”. Bene, don Francesco farà qualcosa:  domenica 18 metterà una tenda davanti alla chiesa per pubblicizzare il boicottaggio. Antonio fa il
cassiere in un ipermercato di un grosso centro della provincia, «tre domeniche al mese obbligatorie, sto per sposarmi, penso ai miei figli: potrò stare con loro solo un giorno al mese?», allora ha organizzato un boicottaggio privato e controllato: ha imposto a parenti e amici di non farsi vedere da lui in negozio alla domenica, «qualcuno poi passa lo stesso, arrossisce e mi chiede scusa... ».  Battaglia difficile, Rita la catechista lo sa. «Vanno a fare shopping perché così anche la domenica  possono evitare di parlare con altri esseri umani: parlano solo con le scatolette di pomodoro». Don Vlastio, il suo parroco, cerca di contenerla un po’: «Non dobbiamo colpevolizzare nessuno... ». Ma  a sorpresa, la campagna che sta per partire conta già un convertito eccellente, nientemeno che il  comandante del campo avverso, il presidente dell’Ascom di Padova Fernando Zilio, lui che per un anno ha bisticciato sui giornali locali con il vescovo proprio per le aperture domenicali, ma che si è ricreduto quando, con le liberalizzazioni del governo Monti, ha visto la potenza di fuoco delle grandi catene dell’“aperto ogni domenica!” abbattersi disastrosamente sul fatturato dei suoi “piccoli”, i negozi a conduzione familiare: «Aveva ragione monsignor Mattiazzo, ha visto più avanti di me. Qualche negozio nei centri storici, per il turismo, può anche aprire alla domenica, ma questo sistema non è giusto, e forse non rende neppure». Padre Adriano si attende molti altri folgorati sulla via dello shopping.



domenica 4 novembre 2012

nessun potere può legiferare sull’amore



In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. 
  Mc 12,28-34
E' la lettura del Vangelo della giornata di oggi.        E’ poca cosa ogni commento. 
Vale l’ascolto, l’assimilare queste parole fino a renderle respiro del nostro vivere.   
Al punto da renderle medicina che sana le nostre ferite, energia creatrice che trasforma e vivifica ogni rapporto. 
Il primo comandamento, lo spirito vitale, il respiro dell’universo è questo: amare.
La vita si declina con l’amore; ogni istante in ogni gesto si misura con l’amore dato e ricevuto. 
Cos’è l’essenziale della fede?  Nelle parole di Gesù la novità della fede cristiana.
Una novità che diventa criterio interpretativo del primo comandamento e ribalta ogni prospettiva religiosa.
Fondamentale è l’altro e l’altro vicino, cioè non un altro spirituale, metafisico  ma quello che ho fisicamente accanto.
Quella persona anche se a volte mi sta sulle balle, m’infastidisce, con la quale incrocio lo sguardo,  quella che posso prendere per mano.
L’amore è materiale, carnale e sanguigno, è contatto fisico, è continuamente l’interpellarti ad essere attento, è  costantemente richiesta d’essere accolto e abbracciato.
Così per Gesù l’amore non è un sentimento per anime belle, spiritualizzato e lontano.
Anche l’amore per Dio non è aeriforme e angelicato.   
Si ama Dio in una storia che trasuda concretezza, abbraccio di un corpo, di un volto e braccia da stringere rischiando la propria vita,   fino a perderla.    
Vado oltre.  Fino forse al confine. 
Fino al punto di considerare e ammettere che questo amore così reale e fisico non è assoggettabile  a norme.  
Ti amo per come sono e per come sei.
L’amore non ammette controlli, non tollera autorizzazioni e patentini di legittimità.
(In Francia in questi giorni si scontrano l’episcopato e il governo sulla possibilità di riconoscere e dare pari dignità pubblica all’amore di due persone dello stesso sesso).
Nessun potere può legiferare sull’amore.