domenica 18 novembre 2012

questo nostro Dio compagno di vita



Abbiamo pregato e abbiamo condiviso il cibo.
Abbiamo scherzato e pianto.
Abbiamo partecipato gli uni dell'afflizione degli altri.

Patire insieme è forse più sopportabile.
Il dolore non cessa di essere tale perché condiviso ma è forse più tollerabile. Persino a volte sensato.

Le lacrime scorrono meno feroci se ad asciugarle ci sono gli amici.

E il buio di un seminterrato diventa la più splendente delle cattedrali per incontrare la parola di Dio.

Il pianto si placa nell’abbraccio. 

Una Chiesa che abbraccia rende ospitale un  mondo a volte ostile, a volte chiuso. Indifferente alle lacrime.

Una chiesa che abbraccia accoglie il dolore sempre incomprensibile e assurdo rendendolo persino speranza ai piedi della Croce.

Speranza come nel giorno della Pasqua.

Il segno dell’abbraccio e della condivisione è il segno della vitalità di Dio che ancora abita tra gli uomini.

Son sempre stato attratto dal Dio che piange per il suo popolo, che geme e singhiozza con il suo popolo. 

Mi hanno sedotto le lacrime che il Signore versa per le sofferenze patite dall’uomo. 

Dolore inutile il nostro, di donne e uomini (co)stretti alla vita.
Piegati e piagati del vivere sino allo sfinimento.
Sino all’impossibilità di assecondare il fluire dell’esistere.
Quasi un Dio inutile davanti al dolore e alla morte.

Per simpatia, per condivisione con un abbraccio entra nell’umanità caricandosi  di sofferenze e di morte.

E Dio si fa inutilmente piccolo, umano, nostro compagno di vita.




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