venerdì 27 febbraio 2015

Shabbat


Gli svolgimenti della nostra esistenza sono congiunti l’uno all’altro in modo da essere condizionati da alcuni e specificarne altri.

 La cadenza attività/riposo è una di queste dinamiche, ma è un rapporto particolare, poiché non è legato alla quantità come genericamente può apparire: ossia più si lavora più si ha bisogno di riposo.

Personalmente il bisogno più grande che avverto non è tanto quello del riposo, inteso come interruzione dall’ordinario vivere, quanto piuttosto quello di rendere interessante, utile e piacevole la vita d’ogni giorno. E più la vita quotidiana e il mondo in cui sono immerso rispondono a queste esigenze, più si riduce il bisogno di riposo, o meglio si diventa capaci di recupero di forze rapidamente.

Ci sono momenti in cui si colgono segnali dal nostro organismo che spingono a staccare; mi chiedo però se questo bisogno di staccare la spina non riveli forse che il problema derivi dal tipo di corrente che arriva e non da un sovraccarico.

Quando è così il riposo non è mai autentico, è vissuto in modo frenetico e stressante e va da sé che questa interruzione o vacanza finisce col diventare noiosa e pesante da gestire. Cosicché si rientra nei panni ordinari ancora più stanchi o svogliati.

La Bibbia ci dice che anche Dio sentì il bisogno di riposare, ma è difficile pensare che il riposo del Signore assomigli al nostro.

 Lo “shabat” è il giorno del riposo settimanale per tutti (anche per gli animali!), consacrato a Jahvè, che ha riposato nel settimo giorno della creazione. Il settimo giorno è un giorno di festa, è il giorno della sosta dell’uomo dall’attività, dalla sua fatica quotidiana, è il giorno in cui, fermando i suoi traffici e impegni, l’uomo può pensare e dare un giudizio sul tempo della propria vita, dire perché vive e di cosa vive, è il giorno in cui l’uomo depone la corona di dominatore del mondo e la consegna al suo Dio, che ne è il vero Signore. La vita non è una fatica senza senso, ma va verso il riposo; la vita ha una speranza.

 Il riposo sabbatico è il riposo del tempo, è un seme d’eternità che entra nel nostro vivere e si fa giorno, impresa quotidiana. 

Mi piace il gioco della divisione delle parole  e cercare in esse la ricerca di un senso velato. E allora ri-posarsi è come dire di nuovo posare se stessi, è ricordarsi di se stessi mentre l’esistenza procede. Tenere a mente e focalizzare i propri desideri e i propri veri bisogni. Ossia  rimettere noi stessi al centro della vita, verificando che il nostro esistere sia in pienezza e in grazia.