martedì 2 luglio 2013

canta e cammina

Ho percorso in auto un tratto della strada francigena per arrivare al mio buen retiro.  Un paio di uomini, zaino in spalla e sacco a pelo mi hanno catturato lo sguardo, riaccendendo il ricordo di vagabondaggi giovanili. 

Gli ingredienti per mettersi in cammino sono vari: coraggio mescolato ad incoscienza, senso dell'avventura, inquietudine...

Così si procede su strade poco battute, ci si attarda con lo sguardo a scrutare nuovi paesaggi. Si spera in un tempo clemente. Ci si ìnoltra per vie impervie, affidandosi a segnaletiche dubbie. Si superano ostacoli, il cuore si dilata e si vive un tempo intriso di precarietà.

La sosta è in ripari di fortuna, o alla meglio in dormitori attrezzati e poi, ritemprati, si affronta di nuovo il viaggio. 

Sulla strada. 
Non si è semplici nomadi senza mete, senza qualcuno che attende. Sulla strada si è spinti, chiamati sino a cogliere ad ogni passo la consapevolezza di esseri inquieti.

Desiderosi d’oltre e d’a(A)ltro, dal cuore insaziabile, dallo sguardo in perenne ricerca d’orizzonti nuovi da scrutare, indaffarati a lenire nostalgie d’assoluto.

Da sempre, pellegrini e vagabondi hanno percorso sotto lo stesso cielo strade aperte all’incontro con se stessi, con la trascendenza, con altri erranti. Esseri inquieti hanno cercato; e come non considerare il cercare una categoria dello spirito? L’uomo sazio, tronfio di se' ritiene di avere già tutto…anche Dio.  

 Il viaggio come ricerca è una nobile espressione di un cammino spirituale, di un percorso che parte da una lucida e profonda insoddisfazione di se’  e apre alla possibilità di un’esistenza più piena, più autentica, più sensata. Certo più rischiosa, più incerta e insicura. Ricerca della verità, ricerca d'assoluto, ricerca di felicità,...

Si sta allentando quella tensione che porta la nostra gioventù ad intraprendere viaggi alla scoperta di se’, pellegrinaggi su strade della sorgente di vita, viaggi d’iniziazione umana (cristiana, spirituale).

C’è un indebolirsi della figura di Siddartha, le nostre fibre si sono arrese alla mediocrità di viaggi  super organizzati, cellulari satellitari e iPhone, infarciti di spiritualità usa e getta propinata da sacerdoti e teologi à la page e azzimati.

Quell’On the road di Kerouac rimane opera letteraria emblematica d’una generazione ormai sepolta.   

Eppure il rinnovarsi del nostro tempo avviene ancora attraverso il cammino, fatto a piedi, gravido d’avventure e incontri imprevisti, generante audacia e speranza, ravvivante la fiducia nell’uomo. 

On the road, a piedi, in autobus, in autostop; permette d’osservare, ascoltare, scoprire, sostare, conoscere, contemplare.

Tra le pagine dei Vangeli scopriamo che Gesù vive prevalentemente on the road, si fa compagno di strada,  addirittura identificandosi con la strada (“..io sono la via..”  Gv.14, 1-6) e dopo di lui e prima di lui donne e uomini inquieti e curiosi, dal cuore insoddisfatto eppure pieno di domande, si sono incamminati sotto questo cielo incontro al destino del viaggio indossando calzari e tuniche comode, bisacce leggere.  

 Da Occidente ad Oriente il cammino come ricerca, il pellegrinaggio, si esprime come l’attraversamento, nel tempo e nello spazio, verso le mete intraviste come patria del cuore, come viaggio verso il centro dell’esistenza, al proprio cuore, luogo dell’incontro per eccellenza.

Come sanno i viandanti sotto questo cielo, come è scritto nelle pagine dei Racconti di un pellegrino russo in semplicità, in povertà, in sobrietà s’impara che la vita (anche la vita cristiana) è dinamismo e slancio continuo, facendo posto all’imprevisto, all’incognita, all’estraneo, al diverso. 
Mettendo in conto l'abbandono di categorie recanti assolute certezze, dogmi inossidabili.

E poi…s’impara a cantare: “Canta come cantano i viandanti, senza però interrompere il cammino. Canta per consolarti nella fatica ma non fermarti ai bordi della strada: canta e cammina…canta con la voce, canta con il cuore, canta con la bocca, canta con la tua vita. Sii tu quel canto che vuoi cantare: se la tua vita è nuova , tu sarai il canto di Dio” (Agostino, Serm. 256).

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