Il vento oggi scuote gli alberi,
assomiglia alla voce dell’oceano conosciuto a Cabo da Roca, così selvaggio e passionale.
Amoreggia coi rami e piega loro
le chiome come fragore d’onde. Svolazzano foglie staccate e alcuni frutti e
rami secchi cadono ovunque tra l’erba arruffata. Un temporale copre ogni altro
rumore coi tuoni e violenti scrosci di pioggia.
Ogni cespuglio e albero, ogni spiga di riso s’inchina all’impetuosità
delle raffiche d’acqua e d’aria mentre nel cielo nere nuvole corrono nervose ad
invadere ogni spazio.
Eppure noto una strenua
resistenza ovunque. Radici salde affondano nel terreno ad attingere a memorie
d’altri attacchi, battaglie violente d’altre tempeste rievocando sentimenti di
speranza, audacia, fiducia.
E così sembran dare accoglienza,
quasi ospitando con semplicità senza difesa, senza minaccia.
Con abbandono si lasciano avvinghiare sino a diventare un tuttuno.
Con abbandono si lasciano avvinghiare sino a diventare un tuttuno.
Un pensiero si fa spazio. So di non
essere forte, potente, vigoroso e
possente. Spesso non riesco a trattenere le lacrime davanti ad uno spettacolo
della natura, leggendo le pagine di un libro coinvolgente, gustando un film che
narra prodigi d’amore ed eroismo di vita, lasciandomi prendere da una musica
compagna di strada del mio vivere. E allora il mio cuore si gonfia e il nodo
alla gola avanza.
Mi commuovono le persone, le loro storie.
Mi commuovono le persone, le loro storie.
A volte mi difendo ed è anche
questa difesa a dirmi che non sono forte, né potente, né vigoroso e possente.
Difendere è chiudere, custodire e proteggere; difendersi è come corazzarsi
contro ciò che non si conosce, di cui si ha paura, forse anche un male.
Si chiudono le persiane e si
sbarrano le finestre, impedendo al vento d’entrare. Attendere che l’acquazzone passi, che l’aria
minacciosa si sperda e ritorni da dov’è venuta.
La difesa è un arretramento, un
accovacciarsi per paura. Certo so bene che a volte non s’hanno altre forze se
non quella di sottrarsi e quasi scomparire. Ho conosciuto la sconfitta,
l’arretramento.
Si vorrebbe rimpicciolirsi rendendosi
quasi invisibili agli occhi del mondo. Scomparire e uscire di scena: ammettere la
paura e l’incapacità di vivere come Roberto, come Silvia, Federica,...
La resistenza è altra cosa,
un’uscita, un’attesa sull’uscio di casa, uno scrutare alla finestra. Un
osservare attento e curioso, un esplorare per pianificare e attrezzarsi.
E poi via ad attendere ed incontrare
l’incognita, ad affrontare il rischio, quel nemico percepito come tale, forse
anche un male. Essere presenti e vigili
Non è il resistere impresa da
pavidi; non è sottrazione ma quasi sfida al destino avverso.
Non quella competizione che
mostra bicipiti e boriosa sicurezza ostentata per mascherare fragilità e
debolezze.
No, è quella capacità d’accoglienza
anche del male, del dolore, della sofferenza; piegati, sanguinanti ma caparbi
per quel seme di memoria che frutta speranza, genera audacia.
Sono arrivato a ritenere che la
vita non sia una lotta, non sia un perenne conflitto; credo che la vita ci
chieda di vivere e di amare, d'esser pronto all' accoglienza. Sapremo così accettare le intemperie, il
vento impetuoso come la pioggia scrosciante, l’arsura come il gelo. E forti e
potenti e vigorosi e possenti potremo dire di esserlo quando saremo consapevoli
che ogni cosa accade non per una minaccia alla nostra felicità, ma per donarci
una contentezza maggiore, con una gioia e una serenità per essere capaci d’abbracciare
l’intero universo.
"dopo la pioggia viene il sereno..." Come si può resistere senza la memoria di qualcosa o di Qualcuno che alimenta la speranza senza la quale la resistenza è vana!?
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