lunedì 15 settembre 2014

Capaci d’abbracciare l’intero universo



Il vento oggi scuote gli alberi, assomiglia alla voce dell’oceano conosciuto a  Cabo da Roca, così selvaggio e passionale.
Amoreggia coi rami e piega loro le chiome come fragore d’onde. Svolazzano foglie staccate e alcuni frutti e rami secchi cadono ovunque tra l’erba arruffata. Un temporale copre ogni altro rumore coi tuoni e violenti scrosci di pioggia.  Ogni cespuglio e albero, ogni spiga di riso s’inchina all’impetuosità delle raffiche d’acqua e d’aria mentre nel cielo nere nuvole corrono nervose ad invadere ogni spazio.

Eppure noto una strenua resistenza ovunque. Radici salde affondano nel terreno ad attingere a memorie d’altri attacchi, battaglie violente d’altre tempeste rievocando sentimenti di speranza, audacia, fiducia.
E così sembran dare accoglienza, quasi ospitando con semplicità senza difesa, senza minaccia.
Con abbandono si lasciano avvinghiare sino a diventare un tuttuno.

Un pensiero si fa spazio. So di non essere forte, potente, vigoroso  e possente. Spesso non riesco a trattenere le lacrime davanti ad uno spettacolo della natura, leggendo le pagine di un libro coinvolgente, gustando un film che narra prodigi d’amore ed eroismo di vita, lasciandomi prendere da una musica compagna di strada del mio vivere. E allora il mio cuore si gonfia e il nodo alla gola avanza.
Mi commuovono le persone, le loro storie.

A volte mi difendo ed è anche questa difesa a dirmi che non sono forte, né potente, né vigoroso e possente. Difendere è chiudere, custodire e proteggere; difendersi è come corazzarsi contro ciò che non si conosce, di cui si ha paura, forse anche un male. 

Si chiudono le persiane e si sbarrano le finestre, impedendo al vento d’entrare.  Attendere che l’acquazzone passi, che l’aria minacciosa si sperda e ritorni da dov’è venuta. 

La difesa è un arretramento, un accovacciarsi per paura. Certo so bene che a volte non s’hanno altre forze se non quella di sottrarsi e quasi scomparire. Ho conosciuto la sconfitta, l’arretramento.
Si vorrebbe rimpicciolirsi rendendosi quasi invisibili agli occhi del mondo. Scomparire e uscire di scena: ammettere la paura e l’incapacità di vivere come Roberto, come Silvia, Federica,...

La resistenza è altra cosa, un’uscita, un’attesa sull’uscio di casa, uno scrutare alla finestra. Un osservare attento e curioso, un esplorare per pianificare e attrezzarsi.
E poi via ad attendere ed incontrare l’incognita, ad affrontare il rischio, quel nemico percepito come tale, forse anche un male. Essere presenti e vigili

Non è il resistere impresa da pavidi; non è sottrazione ma quasi sfida al destino avverso.
Non quella competizione che mostra bicipiti e boriosa sicurezza ostentata per mascherare fragilità e debolezze.
No, è quella capacità d’accoglienza anche del male, del dolore, della sofferenza; piegati, sanguinanti ma caparbi per quel seme di memoria che frutta speranza, genera audacia.

Sono arrivato a ritenere che la vita non sia una lotta, non sia un perenne conflitto; credo che la vita ci chieda di vivere e di amare, d'esser pronto all' accoglienza.  Sapremo così accettare le intemperie, il vento impetuoso come la pioggia scrosciante, l’arsura come il gelo. E forti e potenti e vigorosi e possenti potremo dire di esserlo quando saremo consapevoli che ogni cosa accade non per una minaccia alla nostra felicità, ma per donarci una contentezza maggiore, con una gioia e una serenità per essere capaci d’abbracciare l’intero universo. 

1 commento:

  1. "dopo la pioggia viene il sereno..." Come si può resistere senza la memoria di qualcosa o di Qualcuno che alimenta la speranza senza la quale la resistenza è vana!?

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