giovedì 15 dicembre 2011

Un Natale, tanti anni fa

"Siamo nella terza settimana d'avvento. La preparazione alla venuta del Messia. Sembra non ci sia attesa, nè quel fremito d'impaziente aspettare la persona amata, quel che riempie di senso l'esistenza, un dio che ci liberi e c'accompagni.  E gli unici segnali che ci fanno baluginare davanti agli occhi l'immagine d'un qualcosa che è accaduto, ricordo sbiadito nella memoria, son le luminarie appese e sparpagliate tra le vie dei paesi e delle città, coi negozi ruffianamente luccicanti.  Sirene grottesche d'un avvento ridotto a business e carnevalata.
Davide, un ragazzino faccia da duro quindicenne, ha atteso oltre cinque mesi al Beccaria la sua uscita, la sua liberazione. Ora è in custodia cautelare; sarà il primo Natale dignitoso che si fa nella sua breve vita.  Beccato in piazza Vetra a Milano a vendere fumo e pasticche per volare e sentirsi liberi. Quindici anni come quaranta, cresciuto in istituti e in un carcere minorile. L'attesa di qualcuno che lo accolga e lo ami è sempre lunga.
Francesco ha atteso che il giudice minorile lo strappasse al suo inferno familiare; un'attesa durata sedici anni, poi l'evento. Il tribunale ha decretato l'allontanamento da genitori incapaci d'accudirlo e violenti sino a lasciargli in eredità lividi e bruciature e ferite lungo tutto il corpo e un'enorme cicatrice nell'animo. Ora è al sicuro; la sua ringhiosità e la sua paura a poco a poco lo abbandonano. Ha ripreso la scuola, ha la sua cameretta, può comprarsi un paio di jeans. E comincia a sorridere.    L'avvento porta l'annuncio di liberazione, le promesse del Dio fedele che s'incarna e cammina al nostro fianco, che c'accompagna al nostro destino e ci libera.
Un avvento che si declina in un nome ed un volto; come non ripetere sino alla noia che non si può amare l'umanità, ma due o tre persone in concreto?
Gianni è stato ricoverato d'urgenza ieri agli infettivi: aids conclamato. Da due anni si spera che finisca il suo Calvario. Soffre molto ed è una piaga unica; ragiona a sprazzi e fatica nel parlare. La candida gli lega la lingua e la febbre continua è sedata da antipiretici. In uno sprazzo di lucidità mi ha detto che vorrebbe, come regalo di Natale, morire perchè non ha più speranza di vivere. Il suo avvento è la salita al Tabor: per le pere fatte, per le insuline infette, per la sfiga della vita. E' ridotto a pelle e ossa e attende la liberazione come Marco, suo collega di sventura in piazza e amico ritrovato in comunità, il giorno di Natale dell'anno scorso.
Come Milena con la sua bimba nata da un mese, figlia non voluta da un padre che non conoscerà mai. Milena ha diciotto anni, "donna" delle pulizie in nero presso case di buone e pie famiglie cattoliche. Stringe stretta al cuore e si trastulla la sua bimba come fosse un bambolotto. Il suo avvento è tirare a fine mese perchè la padrona di casa, buona praticante, tassativamente le ha già comunicato che se non paga l'affitto è costretta a sfrattarla. L'avvento è festa di luce un po' sbiadita, con un calore affievolito.  Occorre riattizzare i nostri fuochi, mantenerli accesi, far risplendere in una città dalle finte luminarie le fiaccole dell'attesa.
Coraggio sopravviveremo. Speriamo che tutto passi il più possibile indolore, che passi in fretta. Che si smorzino le artificiali bontà collettivali e le maschere di festa.
Da tempo si odono, sempre più melliflue, fastidiosamente ripetitive, le giaculatorie dei buonatale a tutti.
Sopravviveremo a questo e malgrado questo. Faremo resistenza e l'attesa dell'Evento adombrerà anche la prima luce abbagliante della più bella vetrina.  L'attesa di Gesù tra noi ci fa pellegrini e sprezzanti tra i consumatori di fede e gli adoratori di perline luccicanti."

Eravamo nel Dicembre 1992; dirigevo una comunità per giovani tossicodipendenti e in un clima di festività come quella di Natale, i drammi di ciascuno si acuivano e contagiavano tutti.  Il viverli insieme diventava un'occasione di Grazia. A distanza di anni ho ritrovato questo e altri scritti di quegli anni. Ho scelto da che parte stare avendo scolpito nel mio cuore l'essenzialità dell'Evento.

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