Due le circostanze che nel giro
di una decina di giorni mi pare scandiscano l'arrancamento della Chiesa nel
tenere il passo nel tempo presente. Certo non per essere alla moda, ma per voler
camminare con l'umanità in quella reale salita al Golgota col barlume di
speranza di resurrezione.
1) C’è la notizia di quel
sacerdote della diocesi di Ferrara che pare abbia negato ad un bambino,
afflitto da un grave disagio mentale, l'accesso alla prima comunione perché
«incapace di intuire la portata del sacramento».
2) Il 2 Aprile è stata la
giornata Mondiale di sensibilizzazione sull'autismo promossa dall'ONU. Per
l'occasione il Vaticano, per voce del presidente del pontificio consiglio per gli
operatori sanitari, ha prodotto uncomunicato, un appello alla
"vicinanza" ai soggetti autistici e alle loro famiglie.
A tal proposito riporto una lettera scritta da una famiglia
alle prese con un piccolo figlio “autistico”.
“Siamo Cinzia e Luigi, genitori di M., D. e .S. di 10, 8 e 4 anni. Viviamo in un piccolo comune
della bassa Brianza che fa parte della Comunità Pastorale “Regina degli
Apostoli”, alla quale, per come possiamo, cerchiamo di offrire la nostra
collaborazione per quello che serve. Il
2 Aprile siamo stati indirettamente
destinatari, così come molte altre famiglie in tutto il mondo di un messaggio
del Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, S.E.R. Arcivescovo
Zygmunt Zimowski. Si tratta dell’”Appello alla sensibilità e alla vicinanza
solidale alle persone autistiche e alle loro famiglie” emesso in occasione
della giornata mondiale di sensibilizzazione sull’Autismo, promossa dall’ONU
(World Autism Awareness Day). Di fatto
siamo “l’oggetto” dell’appello emesso dal Pontificio Consiglio per gli Operatori
Sanitari”, in quanto l’Autismo ha colpito D., il nostro secondo figlio. D. è colpito da una forma grave di autismo, definito
clinicamente a basso funzionamento, che, oltre al resto, compromette anche le
capacità verbali. Non sapendo come far pervenire direttamente all’arcivescovo Zimowski una
nostra risposta, abbiamo deciso di inviarla a tutti coloro con cui siamo in
contatto a livello istituzionale all’interno della nostra diocesi a partire dal
nostro parroco, con la speranza che si inneschi una catena di inoltri che infine
raggiungano il destinatario. Non è
nostra intenzione elencare i problemi che la presenza pervasiva dell’Autismo
comporta per D. e per la nostra vita, non serve; non solo questi sono riassunti
nel testo dell’appello che riportiamo in
calce, ma non possono essere compresi a pieno se non facendone un’esperienza
diretta. Leggendo l’appello dell’Arcivescovo
Zimowski emerge la “profonda sofferenza” in cui versano le persone colpite da
autismo e le loro famiglie e di come la Chiesa sull’ esempio della parabola evangelica
del “Buon Samaritano”, cerchi farsi “Compagna di strada”. D’altra
parte le più recenti indagini del Censis
mostrano come in Italia:
·
la metà
delle madri di persone con autismo ha dovuto lasciare il lavoro o ridurlo
(quando non hanno potuto neppure iniziarlo).
·
In più
della metà delle famiglie in cui è presente un figlio con autismo si assiste a
fenomeni di rottura del legame fra i genitori con forme di separazione e
divorzio (il più delle volte se ne vanno i padri)
·
per
ottenere la diagnosi occorrono da 1
a 3 anni
·
oltre il
30% degli adolescenti e adulti non riceve nessun intervento;
·
nel 20%
dei casi le famiglie inseguono ipotesi di trattamento inutili, dannosi e spesso
molto costosi
·
L’assistenza
rimane nella grande maggioranza dei casi
un onere esclusivo della famiglia con un impatto rilevante non solo sulla
qualità della vita, ma
anche sui
progetti, le scelte, l’inclusione e la partecipazione delle persone con
autismo a
lungo termine .
Le 781 parole dell’appello del cardinale suonano rassicuranti e
confortanti: frasi come “…la chiesa intende esprimere la propria vicinanza…”
oppure “… la chiesa avverte impellente il compito di porsi accanto a queste
persone…”, esprimono sicuramente atteggiamenti
positivi. Non solo atteggiamenti
ma anche fatti concreti come la possibilità di accedere a percorsi terapeutici
grazie a un progetto reso possibile dai finanziamenti erogati dalla Caritas Ambrosiana (ancora per due anni, poi si
vedrà) con i fondi 8x1000 della Chiesa
Cattolica (per informazioni www.cascinasanvincenzo.org). Di questo non possiamo che esserne grati a
tutti coloro, persone e istituzioni che lo hanno reso possibile. La nostra ferma convinzione del fatto che “la
Chiesa siamo noi” nel senso che non esiste distinzione fra
chi “sta vicino” e fra chi “avverte la vicinanza” e che la solidarietà deriva
dalla consapevolezza della fratellanza che ci unisce nella sequela di Cristo (…siamo o non
siamo tutti sulla stessa barca?), vorremmo testimoniare che l’Autismo con tutti
i problemi che ne derivano, non è portatore esclusivamente di disgrazie! Intendiamoci bene, non è facile avere a che
fare con l’autismo e tantomeno augureremmo un’esperienza del genere a chiunque.
Non abbiamo scelto noi l’autismo e se avessimo la possibilità di far
sparire dalla nostravita i problemi che ne derivano, lo faremmo volentieri, però questo, al
momento non è possibile. La qualità
della vita (e vorremmo dire la “verità sulla nostra vita”) dipende da come
noi affrontiamo gli “intoppi” che
troviamo sul cammino (..non è stato così anche per la Chiesa delle origini? Non è
capitato così anche a Pietro che mentre andava a pregare “di nascosto” al
tempio con Giovanni dopo la
Pentecoste, è incappato nel paralitico che poi ha
guarito? - At.3, 1-26 – Pietro ha dovuto
gestire un “intoppo” al suo programma dellagiornata...cosa sarebbe successo se Pietro non si fosse fermato e non avesse
guarito il paralitico? Spesso gli “intoppi” della vita mettono in luce o ci
obbligano a considerare le cose come stanno nella realtà (idee, convinzioni,
credenze, valori…). Dalle risposte che noi diamo dipende la qualità della vita.
Nel corso di questi anni siamo molto cambiati
“grazie” all’autismo di nostro figlio. Siamo partiti dal considerare, per via
del nostro senso di onnipotenza, l’autismo come un nemico da abbattere fino ad
arrivare oggi a dire: “Abbiamo fatto pace con l’Autismo”. Daniele con il suo
autismo ci consente di “concretizzare” e “provare” i valori su cui poggia la
nostra famiglia. Il motto che in questi
anni la nostra famiglia si è data è il seguente: “Se vedi un bisogno, soddisfalo, trova una
via oppure creala perché in mezzo ad ogni difficoltà c’è sempre l’inizio della
sua soluzione”. Questo ci ha permesso di
vivere con serenità le difficoltà che comunque
ci sono e sono tante.
La nostra preghiera quotidiana recita: “Donaci Signore l’Umiltà e la Sapienza per riconoscere
il tuo disegno sulla nostra famiglia, donaci il coraggio per scegliere la tua
volontà e non la nostra, donaci la forza per sostenere la scelta e donaci la
pazienza quando le forze vengono meno, perché le forze vengono meno”. Le esperienze non sono sempre rose e fiori: ci capita di avere a che
fare con persone che chiedono ragione del comportamento alcune volte socialmente
inadeguato di D., anche all’interno delle nostre comunità. Come genitori siamo spesso in difficoltà nel
trovare lerisposte più adatte alle circostanze. L’istinto ci farebbe rispondere che D. si comporta in quel modo perché
autistico mentre quale dovrebbe essere
la giustificazione alla maleducazione dei nostri interlocutori!? Poi invece ci fermiamo a riflettere e capiamo
che se queste persone non sono in grado
di conoscere e capire l’autismo, come possiamo
pretendere che capiscano la natura della propria domanda e che probabilmente qualche problema lo hanno pure
loro!? A pensarci bene, come ha sottolineato un altro genitore, in
questi casi, si potrebbe rispondere che
già “Qualcuno” ha avuto modo di dire: ”Se foste ciechi non avreste alcuna
colpa; invece voi dite ‘noi vediamo’. Il vostro peccato dunque rimane”. Questo
è tutto, volevamo solo testimoniare che vivere
con relativa serenità è possibile!, Questo è il nostro contributo alla Chiesa! Un’ultima cosa, se mai queste righe potessero raggiungere mons. Zimowski….Monsignore, per
cortesia, dica ai suoi collaboratori di
informarsi meglio: L’autismo non è un “grave disturbo psicologico” ma è una sindrome di natura neurobiologica;
già ci pensiamo noi genitori a farci venire i sensi di colpa, ci manca solo che qualcuno ci aiuti improvvidamente in
questo. Infine un forte richiamo ad un
cambiamento di mentalità, a rendere concreto il contenuto del suddetto appello. Che la Pasqua porti davvero in noi quel cambiamento di mentalità che auspichiamo!
Altrimenti tutto si traduce soltanto in
riti magici.
Cristo è risorto…veramente!”
Non disquisisco avanzando ragioni
teologiche, canoniche e liturgiche.
Personalmente voglio considerare
(ormai da parecchio tempo) la chiesa come quella realtà che incarna la dimensione
affettiva, ospitale e cordiale, quella realtà che abbraccia come il padre e la
madre di una famiglia. Una realtà che accoglie e perdona. Che libera e
valorizza. Senza infingimenti, ambiguità e giudizi. Senza peloserie. Dove
i sacramenti sono segni illuminanti la strada da percorrere non trabocchetti o
peggio contratti capestro. Segni che aprono alla felicità/libertà già hic et nunc,
per ciascuno e per tutti. Penso
sempre di più ad una chiesa in cui ci
può essere un posto per tutti e ad
una vita sacramentale che non si misura
sulla base del quoziente intellettivo ma nella fede nell'azione del Dio che
salva comunque al di là di misurazioni neurologiche e valutazioni
comportamentali, DSM 10 e stime biopsichiche.
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