giovedì 12 aprile 2012

un posto per tutti

Due le circostanze che nel giro di una decina di giorni mi pare scandiscano  l'arrancamento della Chiesa nel tenere il passo nel tempo presente. Certo non per essere alla moda, ma per voler camminare con l'umanità in quella reale salita al Golgota col barlume di speranza di resurrezione.
1) C’è la notizia di quel sacerdote della diocesi di Ferrara che pare abbia negato ad un bambino, afflitto da un grave disagio mentale, l'accesso alla prima comunione perché «incapace di intuire la portata del sacramento».
2) Il 2 Aprile è stata la giornata Mondiale di sensibilizzazione sull'autismo promossa dall'ONU. Per l'occasione il Vaticano, per voce del presidente del pontificio consiglio per gli operatori sanitari, ha prodotto uncomunicato, un appello alla "vicinanza" ai soggetti autistici e alle loro famiglie.
A tal proposito  riporto una lettera scritta da una famiglia alle prese con un piccolo figlio “autistico”.

Siamo Cinzia e Luigi, genitori di M., D. e .S. di  10, 8 e 4 anni. Viviamo in un piccolo comune della bassa Brianza che fa parte della Comunità Pastorale “Regina degli Apostoli”, alla quale, per come possiamo, cerchiamo di offrire la nostra collaborazione per quello che serve.   Il 2 Aprile siamo stati  indirettamente destinatari, così come molte altre famiglie in tutto il mondo di un messaggio del Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, S.E.R. Arcivescovo Zygmunt Zimowski. Si tratta dell’”Appello alla sensibilità e alla vicinanza solidale alle persone autistiche e alle loro famiglie” emesso in occasione della giornata mondiale di sensibilizzazione sull’Autismo, promossa dall’ONU (World Autism Awareness Day).   Di fatto siamo “l’oggetto” dell’appello emesso dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari”, in quanto l’Autismo ha colpito D., il nostro secondo figlio.  D. è colpito da una forma grave di autismo, definito clinicamente a basso funzionamento, che, oltre al resto, compromette anche le capacità verbali.    Non sapendo come far pervenire  direttamente all’arcivescovo Zimowski una nostra risposta, abbiamo deciso di inviarla a tutti coloro con cui siamo in contatto a livello istituzionale all’interno della nostra diocesi a partire dal nostro parroco, con la speranza che si inneschi una catena di inoltri che infine raggiungano il destinatario.  Non è nostra intenzione elencare i problemi che la presenza pervasiva dell’Autismo comporta per D. e per la nostra vita, non serve; non solo questi sono riassunti nel testo  dell’appello che riportiamo in calce, ma non possono essere compresi a pieno se non facendone un’esperienza diretta.  Leggendo l’appello dell’Arcivescovo Zimowski emerge la “profonda sofferenza” in cui versano le persone colpite da autismo e le loro famiglie e di come la Chiesa sull’ esempio della parabola evangelica del “Buon Samaritano”, cerchi farsi “Compagna di strada”.     D’altra parte le più recenti indagini del Censis  mostrano come  in Italia:
·        la metà delle madri di persone con autismo ha dovuto lasciare il lavoro o ridurlo (quando non hanno potuto neppure iniziarlo).
·        In più della metà delle famiglie in cui è presente un figlio con autismo si assiste a fenomeni di rottura del legame fra i genitori con forme di separazione e divorzio (il più delle volte se ne vanno i padri) 
·        per ottenere la diagnosi occorrono da 1 a 3 anni
·        oltre il 30% degli adolescenti e adulti non riceve nessun intervento;
·        nel 20% dei casi le famiglie inseguono ipotesi di trattamento inutili, dannosi e spesso molto costosi
·        L’assistenza rimane nella grande maggioranza  dei casi un onere esclusivo della famiglia con un impatto rilevante non solo sulla qualità della vita, ma
                       anche sui progetti, le scelte, l’inclusione e la partecipazione delle persone con  
                       autismo a lungo termine .
Le 781 parole dell’appello del cardinale suonano rassicuranti e confortanti: frasi come “…la chiesa intende esprimere la propria vicinanza…” oppure “… la chiesa avverte impellente il compito di porsi accanto a queste persone…”, esprimono sicuramente atteggiamenti  positivi.  Non solo atteggiamenti ma anche fatti concreti come la possibilità di accedere a percorsi terapeutici grazie a un progetto reso possibile dai finanziamenti erogati dalla Caritas   Ambrosiana (ancora per due anni, poi si vedrà) con i fondi 8x1000 della  Chiesa Cattolica (per informazioni www.cascinasanvincenzo.org).  Di questo non possiamo che esserne grati a tutti coloro, persone e istituzioni che lo hanno reso possibile.  La nostra ferma convinzione del fatto che “la Chiesa siamo noi” nel senso che non esiste distinzione fra chi “sta vicino” e fra chi “avverte la vicinanza” e che la solidarietà deriva dalla consapevolezza della fratellanza che ci  unisce nella sequela di Cristo (…siamo o non siamo tutti sulla stessa barca?), vorremmo testimoniare che l’Autismo con tutti i problemi che ne derivano, non è portatore esclusivamente di disgrazie!  Intendiamoci bene, non è facile avere a che fare con l’autismo e tantomeno augureremmo un’esperienza del genere a chiunque.
Non abbiamo scelto noi l’autismo e se avessimo la possibilità di far sparire dalla nostravita i problemi che ne derivano, lo faremmo volentieri, però questo, al momento non è possibile.  La qualità della vita (e vorremmo dire la “verità sulla nostra vita”) dipende da come noi  affrontiamo gli “intoppi” che troviamo sul cammino (..non è stato così anche per la Chiesa delle origini? Non è capitato così anche a Pietro che mentre andava a pregare “di nascosto” al tempio con Giovanni dopo la Pentecoste, è incappato nel paralitico che poi ha guarito?  - At.3, 1-26 – Pietro ha dovuto gestire un “intoppo” al suo programma dellagiornata...cosa sarebbe successo se Pietro non si fosse fermato e non avesse guarito il paralitico? Spesso gli “intoppi” della vita mettono in luce o ci obbligano a considerare le cose come stanno nella realtà (idee, convinzioni, credenze, valori…). Dalle risposte che noi diamo dipende la qualità della vita.  Nel corso di questi anni siamo molto cambiati “grazie” all’autismo di nostro figlio. Siamo partiti dal considerare, per via del nostro senso di onnipotenza, l’autismo come un nemico da abbattere fino ad arrivare oggi a dire: “Abbiamo fatto pace con l’Autismo”. Daniele con il suo autismo ci consente di “concretizzare” e “provare” i valori su cui poggia la nostra famiglia.  Il motto che in questi anni la nostra famiglia si è data è il seguente:  “Se vedi un bisogno, soddisfalo, trova una via oppure creala perché in mezzo ad ogni difficoltà c’è sempre l’inizio della sua soluzione”.  Questo ci ha permesso di vivere con serenità le difficoltà che comunque  ci sono e sono tante.
La nostra preghiera quotidiana recita: “Donaci  Signore l’Umiltà e la Sapienza per riconoscere il tuo disegno sulla nostra famiglia, donaci il coraggio per scegliere la tua volontà e non la nostra, donaci la forza per sostenere la scelta e donaci la pazienza quando le forze vengono meno, perché le forze vengono meno”.  Le esperienze non sono sempre rose e fiori: ci capita di avere a che fare con persone che chiedono ragione del comportamento alcune volte socialmente inadeguato di D., anche all’interno delle nostre comunità.   Come genitori siamo spesso in difficoltà nel trovare lerisposte più adatte alle circostanze. L’istinto ci farebbe rispondere  che D. si comporta in quel modo perché autistico mentre quale  dovrebbe essere la giustificazione alla maleducazione dei nostri   interlocutori!?   Poi invece ci fermiamo a riflettere e capiamo che se  queste persone non sono in grado di conoscere e capire l’autismo, come  possiamo pretendere che capiscano la natura della propria domanda e che  probabilmente qualche problema lo hanno pure loro!?  A pensarci bene,  come ha sottolineato un altro genitore, in questi casi, si potrebbe  rispondere che già “Qualcuno” ha avuto modo di dire: ”Se foste ciechi non avreste alcuna colpa; invece voi dite ‘noi vediamo’. Il vostro  peccato dunque rimane”.    Questo è tutto, volevamo solo testimoniare che  vivere con relativa serenità è possibile!, Questo è il nostro contributo alla Chiesa!  Un’ultima cosa, se mai queste righe potessero  raggiungere mons. Zimowski….Monsignore, per cortesia, dica ai suoi   collaboratori di informarsi meglio: L’autismo non è un “grave disturbo  psicologico” ma è una sindrome di natura neurobiologica; già ci pensiamo noi genitori a farci venire i sensi di colpa, ci manca solo  che qualcuno ci aiuti improvvidamente in questo. Infine un forte  richiamo ad un cambiamento di mentalità, a rendere concreto il  contenuto del suddetto appello.  Che la Pasqua porti davvero in noi  quel cambiamento di mentalità che auspichiamo! Altrimenti tutto si  traduce soltanto in riti magici.

Cristo è risorto…veramente!”


 Non disquisisco avanzando ragioni teologiche, canoniche e liturgiche.
Personalmente voglio considerare (ormai da parecchio tempo) la chiesa come quella realtà che incarna la dimensione affettiva, ospitale e cordiale, quella realtà che abbraccia come il padre e la madre di una famiglia. Una realtà che accoglie e perdona. Che libera e valorizza. Senza infingimenti, ambiguità e giudizi. Senza peloserie. Dove i sacramenti sono segni illuminanti la strada da percorrere non trabocchetti o peggio contratti capestro. Segni che aprono alla felicità/libertà già hic et nunc, per ciascuno e per tutti.  Penso sempre di più  ad una chiesa in cui ci può essere un posto per tutti e  ad una vita sacramentale  che non si misura sulla base del quoziente intellettivo ma nella fede nell'azione del Dio che salva comunque al di là di misurazioni neurologiche e valutazioni comportamentali, DSM 10 e  stime biopsichiche. 


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