Sotto questo cielo
ho attraversato e calpestato terra respirando aria da molto tempo ormai. Vivo ancora
come un eterno ripetente. M’innamoro tuttora facilmente e mi appassiono con una
certa frequenza. E ancora la rabbia a
volte mi assale scombussolando il mio cuore, le inquietudini mi rallentano il
respiro e le sconfitte mi bruciano rendendomi abbattuto e svuotato. Cerco di reagire resistendo come un soldato
a difesa del proprio re ma non c’è nulla da fare, alla fine soccombo
alimentando e incoraggiando così le forze contrarie.
Conosco bene le
giustificazioni che sono sempre pronte a uscire: sono abile in questo; sono sensibile,
impulsivo, attaccato a me stesso, rigido nelle risposte, a volte superficiale
nei giudizi, irascibile, …
Questa catena
stringe e a fatica la sopporto. Aspiro ad
altro, ambisco leggerezza; ne riconosco l’essenza, la percepisco in alcuni, la
bramo e a tratti mi sembra di sfiorarla e viverla. Quale facile levità che si vive come un alito
di primavera profumato e persistente, ma quando la vita è piena, piacevole e
sorride. Occorre disfarsi di pesantezze
che rallentano il passo di grettezze che comprimono il cuore. Lasciare che la
vita scorra con leggerezza; senza difese né protezioni, come un corso d’acqua
che possa scivolare nel suo percorso.
La vita continua,
scorre perché è così che si esprime. «Chi vorrà salvare
la propria vita la perderà» (Mt
16,25).
Abbiamo
molto, possediamo tantissime cose-relazioni-opportunità; siamo quasi ingolfati
da ciò che possediamo ed è questo uno dei motivi per cui passiamo il tempo del
nostro vivere più a conservare, preoccupandoci di mettere in sicurezza ogni
cosa e trascurando di sperimentare.
Abbiamo reso innocui e insensati quei verbi che donano alla vita un
significato più degno-nobile-ricco, con quel pizzico di sale che rende unico il
nostro passaggio su questa terra: provare/trovare/cercare. Nessuna assicurazione
ci garantisce contro la morte, nessuna porta blindata ci preserva dai rischi
dell’amore e dalle incognite del vivere, nulla che possa garantire il successo
ai progetti auspicati. Si perde tempo
nell’affanno per difendere quel tesoro che solo perdendolo può fruttare
arricchendoci. “Chi vorrà salvare la
propria vita la perderà”. Mi ritrovo col
pensiero a san Francesco, alla semplicità di vita cui approda, sino al suo
svestirsi riconsegnando a suo padre la propria vita passata per ritrovarla
rinnovata e ricca, dura eppure leggera perché finalmente sua. “Non
cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l'animo in ansia.”
(Lc. 12,27)
Ho
conosciuto persone leggere al punto di diffondere leggerezza, amabilità. Non
appartengono alla lunga lista di quelle superficiali, quelle che galleggiano
senza lasciare traccia. Sono persone che
vivono immerse nella vita, così addentro da sporcarsi con le lacrime e il
sangue, ma così capaci di vivere in pienezza la loro esistenza al punto d’avere
accettato la sua legge sostanziale: ogni cosa muore per risorgere e
trasformarsi, tutto cambia per permetterci d’andare oltre. Queste persone
leggere testimoniano l’adattabilità al cambiamento e continuamente mostrano l’apertura
al nuovo, senza pregiudizio, senza ostilità. Come viandanti hanno lo stretto
necessario per procedere nel loro viaggio, si lasciano sorprendere ancora da
ciò che incontrano. Si capisce che sono così da come esprimono la gioia di
vivere e da come stanno nel dolore e davanti alla sofferenza: la paura non li
paralizza e neppure amplifica la voce dell’angoscia e dell’afflizione.
Ho
avuto la fortuna di conoscere persone così. Mi mancano queste persone, perché non
è facile trovarne e goderne l’amicizia. Accanto
a loro ho respirato leggerezza, eppure, ad essere sincero, non riesco a viverla
fino in fondo.
Ancora
ho parecchia zavorra da gettare, ma sono fiducioso e mi dico: “Se hai avuto il
bene di respirare questa leggerezza, per quanto la strada sia lunga, è impossibile
farne a meno”.
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