Spesso, le intuizioni più profonde e importanti nascono dai piccoli fatti di ogni giorno, dall'ascolto della vita. Oggi, è venuto da me un uomo, un vecchio di ottantacinque anni che arrancando lento e curvo sul suo bastone è stato introdotto nel mio studio. L’ho fatto accomodare e una volta seduto ha cominciato a raccontarmi del perché fosse venuto a trovarmi. La moglie era morta la settimana scorsa. E mentre diceva questa notizia sentivo la voce tremolante, la flessione nel tono. Mi ha pregato di scusarlo. Con una mano si è tolto gli occhiali e con l’altra cercava il bianco fazzoletto per asciugare le lacrime che silenziose gli rigavano il volto pieno di rughe.
E’ stato un istante e quest’uomo col suo dolore mi ha fatto pensare alle parole del Qoelet. C’è un tempo per ogni cosa, un inizio e una fine. Tutti i nostri sforzi, tutte le nostre imprese, l’amore, la passione, la rabbia, il dolore, la speranza, i figli… ogni nostro pezzo di vivere non si sottrae a questa legge. Saremo polvere e prima ancora, cinicamente, carne per vermi.
Ma allora conta o non conta come si andrà ad occupare quel tempo (la cui durata è sconosciuta) che sta tra l’utero e la tomba, tra l'inizio e la fine?
E' un riempimento di tempo (a tutti i costi da consumare, da occupare, da ammazzare) o può essere qualcosa di più, magari un coinvolgimento sempre più intimo e penetrante nella consapevolezza dell’autenticità della nostra vita, del nostro sprofondare ed essere incamminati verso un fine e non solo verso una fine? Un vivere in pienezza cercando come un rabdomante il senso e percependone come una missione?
Un altro pensiero si è affacciato: se si contassero i giorni non potrebbe essere, al di là di una iniziale e comprensibile ansia, che misuri in qualità e in intensità il tempo che ho da vivere?
Non potrebbe essere che si avverta la necessità, l’urgenza di andare a sorseggiare quel tempo dentro il quale scorre l’esistenza?
Magari che si impari ad amare la vita come mai si è fatto non sciupandone neppure un istante?
Solo pochi mesi prima avevano, lui e sua moglie, festeggiato attorniati dai loro cari i cinquantanni di matrimonio. Dalla tasca della giacca, protetta da una pellicola trasparente, estrae e mi mostra le foto di quell’ultima loro festa.
Sussurra una domanda “chissà se ci vedremo ancora da qualche parte?” Di getto, commosso e senza pensarci, ho risposto col cuore “si aspettano sempre le persone che si amano, e se non si trovano sono tristi e si cercano fino a trovarsi per essere felici”.
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